Battaglia: "Situazione grave nelle carceri. La storia di Tufo è irripetibile"

Il racconto del progetto di liberazione realizzato in Irpinia in regime di esecuzione penale esterna

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Tufo.  

Al complesso polifunzionale del Comune di Tufo è stato presentato il libro di Beppe Battaglia dal titolo "La libertà è un organismo vivente". Nell’opera l’autore presenta in prima persona la storia di un gruppo di detenuti politici, provenienti dall'esperienza della lotta armata in Italia, a metà degli anni 80 del secolo scorso. Un progetto di liberazione, realizzato sull'agro di Tufo in regime di esecuzione penale esterna, "partito dal carcere di Bellizzi Irpino, mediante il lavoro autogestito collettivamente, col supporto di un gruppo di volontari e volontarie che insieme costituirono l’Associazione CSSD (Comunità di Servizio Sociale dei Detenuti), alla quale aderì anche il Comune di Tufo conferendo in comodato d'uso gratuito un terreno e un fabbricato rurale per realizzare una serie di attività lavorative che videro protagonisti il gruppo di persone detenute, numerose espressioni del mondo del volontariato e dell’associazionismo locale e nazionale, nonché la stessa popolazione irpina a partire dai cittadini tufesi e avellinesi". All'evento, moderato dal direttore di OttoChannelPierluigi Melillo, hanno preso parte Beppe Battaglia in compagnia del vice sindaco di Tufo, Paola Luciano, dell'ex sindaco di Tufo, Francesco Nigro, e dell'avvocato Giovanna Perna, componente dell'Osservatorio Carceri Unione Camere Penali Italiane.

"Oggi il carcere è un po' il lazzaretto dei poveri"

"Quella storia, irripetibile, di liberazione è stata possibile in quanto tutto il territorio e in particolare il Comune di Tufo garantiva spontaneità. - ha spiegato Battaglia a margine del convegno - C'era un contributo orizzontale senza un centro di potere, un moto del territorio verso la liberazione. Oggi è assolutamente improponibile, non è più possibile un'esperienza di quel tipo. La situazione si è aggravata non solo nell'ordinamento penitenziario, ma anche sui territori. La disgregrazione che si vede fuori è ancora più crudele dentro. Questi processi liberatori avevano il presupposto di essere progetti collettivi. Oggi il carcere è un po' il lazzaretto dei poveri. Sul carcere c'è ancora molto da discutere e nel libro ci sono degli input. Non c'è nessuna indulgenza nostalgica, c'è un sentimento verso un territorio che ci ha accolti. Dentro questo racconto ci sono punti di cocente attualità che riguarda il carcere e i territori".

Perna: "È importante reinventarsi all'interno del carcere"

"È un'occasione per ribadire che la popolazione detenuta dovrebbe essere educata anche all'idea che bisogna conquistare la libertà lavorando. - ha aggiunto l'avvocato Perna - Si esce dal carcere con questa impostazione che è quella di trovare lavoro. Il lavoro non c'è, c'è in alcune strutture perché occorre non generalizzare, ma questo è il messaggio che voglio lanciare. È importante reinventarsi all'interno del carcere".