Più del 40% degli Americani è affetto di obesità. Due paradigmi si confrontano.
La teoria maggioritaria dice che l’industria mette a disposizione troppi alimenti saporosi, e nel frattempo l’attività fisica diminuisce. Risultato, sovrappeso e/o obesità. Il punto di vista alternativo vede l’obesità come un’affezione ormonale, principalmente dovuta all’aumentata produzione di insulina in risposta al tipo di carboidrati ingeriti. Il sistema alimentare è dominato dai glicidi raffinati, dalla farina bianca allo zucchero, che mentre sono di facile digeribilità, allo stesso tempo stimolano un’elevata produzione di insulina. E l’insulina è un fattore di crescita. Questa idea di squilibrio della bilancia energetica è nata in Germania negli anni 1930, e si è in seguito diffusa negli Stati Uniti. Successivamente i Tedeschi si sono messi a respingerla, mentre gli Americani la hanno adottata senza riserve.
Negli anni 1960 ricercatori, psicologi, e psichiatri hanno cercato di capire l’origine del fenomeno. Nel 1994 è stata identificata la leptina, un ormone che dice al cervello quando deve cessare di mangiare, praticamente l’ormone della sazietà. Ancora una volta la spiegazione è di tipo neurologico e/o di tipo psicologico.
Oggi, i nuovi farmaci contro l’obesità, gli analoghi del recettore del GLP-1, provano che dimagrire è solo un problema di volontà. Precisiamo che questa classe di farmaci antidiabetici è in commercio e in uso da più di dieci anni, e che ha dimostrato l’utilità nel controllo della glicemia e del peso corporeo. Questo ritardo della presa di coscienza è legato all’ignoranza e al provincialismo di alcuni cosiddetti esperti nostrani. Si tratta di farmaci che fanno dimagrire perché stimolano il cervello a mangiare di meno. Inoltre questi farmaci presentano un’importante attività di protezione per il sistema cardiovascolare e per i reni. Alcuni si pongono il problema di quello che potrà accadere dopo l’arresto del trattamento. Idea peregrina e poco intelligente. L’obeso trattato, che avrà perduto un bel po' di chili, avrà anche apprezzato gli enormi miglioramenti della qualità di vita, e, se aiutato da un supporto psicologico, difficilmente tornerà in dietro. Inoltre nulla vieta di ripetere ogni tanto il trattamento farmacologico, anche per il fatto che sono in arrivo i nuovi attivatori dei recettori del GLP-1, del GIP, e del Glucagone. Come per tutti i farmaci ci sono le controindicazioni e la possibilità di effetti indesiderati. Bisogna tener conto anche di un altro fattore, che si può chiamare la programmazione fetale.
Le mamme che sono in sovrappeso e/o obese, o che ingrassano eccessivamente durante la gravidanza, e che magari soffrono di un diabete gestazionale, trasmetteranno al loro bimbo una grande predisposizione all’obesità ed al diabete durante la vita extrauterina e durante lo sviluppo. Questo concetto, sviluppato per la prima volta negli anni 1920 in Danimarca, è una delle ragioni per le quali i ginecologi insistono nel suggerire alle donne in gravidanza di limitare l’aumento del peso corporeo.
Ma, nonostante queste attenzioni e questi suggerimenti, vengono alla vita bambini con una forte predisposizione al diabete e all’obesità, come si evince dalle statistiche dei paesi industrializzati.
Un altro problema che si pone è quello dell’attività fisica per la cura del diabete e dell’obesità. Resta il fatto che si tratta di una pratica che, se supportata da un adeguato aiuto psicologico, è estremamente importante per la prevenzione di eventi cardiovascolari, che spesso insorgono in questo tipo di pazienti. Alcuni pensatori controcorrente dicono che l’attività fisica finisce per essere riservata solo ad individui già predisposti per disponibilità innata. Questa cosa, peraltro vera, nulla osta al fatto che le persone obese, o diabetiche, con innata pigrizia, non debbano essere stimolate, con adeguato supporto psicologico, a praticare un’adeguata e personalizzata attività fisica.
L'autore è Medico - Endocrinologo