Nel novembre 2022 teplizumab è diventato la prima terapia approvata per ritardare la comparsa dello stadio 3 di un diabete del tipo 1 (diabete giovanile). Teplizumab è un anticorpo umanizzato, ed è la prima terapia che ritarda la forma clinica di una malattia auto-immune.
Dieci anni di ricerche hanno preceduto l’approvazione di teplizumab, con studi preclinici e sei studi clinici, dei quali cinque includevano pazienti con una diagnosi clinica (stadio 3), e uno riguardava pazienti in stadio preclinico (stadio 2) con almeno 2 auto-anticorpi. Dunque l’obbiettivo dello studio era di confermare gli effetti di teplizumab sulla preservazione della produzione endogena di insulina. Si tratta di un’analisi dei dati del C-peptide (frammento dell’insulina che sfugge la barriera del fegato) di 609 pazienti (375 in terapia con il farmaco, e 243 di controllo) a partire da 5 esperienze condotte su pazienti diabetici allo stadio 3. Il criterio primario dell’analisi integrata era il tasso di C-peptide dopo la terapia. Questo tasso era significativamente migliorato dopo un anno, e anche dopo due anni, il tutto dopo una o due iniezioni di teplizumab. Naturalmente, durante questo periodo di somministrazione di teplizumab, si sono ridotte notevolmente le dosi di insulina necessarie per controllare la glicemia. In conclusione, questi dati confermano la preservazione della funzione delle beta cellule (quelle che producono l’insulina endogena), il tutto dimostrato con la misurazione del tasso di C-peptide. Gli effetti indesiderati della terapia erano una linfopenia, un rash, una cefalea, tutti sintomi spariti dopo una settimana.
L'autore è Medico - Endocrinologo