Ho atteso qualche ora prima di tracciare un ricordo di Andrea Massaro, lo “storico” scomparso ad Avellino all'età di 85 anni, a cui mi legava una profonda stima e amicizia. La notizia della sua morte ha suscitato una onda emotiva molto forte, come si evince dagli innumerevoli post che hanno invaso i social con la sua foto sorridente. Francamente è stato sorprendente, dovrà esserne fiero il figlio Innocenzo, avvocato brillante, e la moglie Roberta Plati che hanno reso i suoi ultimi giorni meno difficili al fianco dell'inseparabile moglie Maria nella struttura per anziani del Roseto, vero gioiello di questa città fortemente voluto da padre Innocenzo Massaro, che riuscì a mobilitare la borghesia avellinese in una gara di solidarietà senza precedenti.
Ci vedevamo spesso con Andrea fino allo scorso anno, era facile incrociarlo davanti alla Dogana mentre con passo svelto si dirigeva verso l'archivio al palazzo Victor Hugo: erano sempre incontri che ti lasciavano un arricchimento sia morale che culturale. Con lui le prime frequentazioni sulla redazione del Mattino alla fine degli anni Ottanta, quando il professore Giuseppe Pisano, responsabile delle pagine provinciali del quotidiano di via Chiatamone, dava sempre grande risalto alle sue ricostruzioni storiche degli avvenimenti che scandiscono la vita della città di Avellino. Pezzi ricchi di fascino e emozioni. Peccato che poi gli sia stata brutalmente negata la possibilità di continuare a esprimere la sua passione, portata avanti sempre con l'obiettivo di arricchire chi leggeva i suoi articoli. Era una risorsa, non tutti l'hanno capito. Si era molto rammaricato di questo, come pure gli pesava il graduale abbassamento della vista che gli impediva di portare avanti i suoi sogni di storico. Andrea era una persona discreta e intelligente, un pozzo vivente di nozioni storiche del capoluogo. Tutti nel mondo giornalistico facevano riferimento a lui quando c'era da ricostruire il passato di questa città. Ora chi lo farà più?