L'Irpinia ha dimenticato i curdi morti asfissiati a Mirabella

L'indignazione di Maraia, che in quei giorni si occupò insieme a Ninfadoro della sciagura

Mirabella Eclano.  

Non fu facile far rientrare quelle salme nella loro patria, dopo l'autopsia rimasero per intere settimane nella cella frigorifero dell'obitorio dell'ospedale Frangipane, una accanto all'altra. Un dramma nel dramma, una triste vicenda che  si sbloccò solo dopo una forte presa di posizione da parte di Giovanni Maraia e Antonio Ninfadoro e alle varie forze sindacali. Burocrazia senza fine.

 

 

"Ricordo con sofferenza la dolorosa vicenda dei cinque giovani profughi curdi-iracheni rinvenuti morti, a fine agosto 2002, in un TIR nell'area di servizio di Mirabella Eclano dell'autostrada Napoli- Bari. Fu una tragedia che è continuata a ripetersi fino ai 71 morti ritrovati in un TIR in Austria."

Poi Maraia aggiunge: "Queste tragedie sono  il risultato delle politiche di repressione nei confronti dei profughi e dei migranti. Politiche che ad ogni costo si ostinano a non mettere in atto politiche di solidarietà, tanto da aiutare e proteggere la migrazione di migliaia di esseri umani. Senza atti politici solidaristici nei confronti di altri esseri umani viene meno il fondamento stesso dello stato democratico e di diritto. Vengono meno i principi fondativi (tra cui in primis la solidarietà)  della nostra Carta Costituzionale. Nel ricordare la triste vicenda dei giovani curdi, provo, contemporaneamente, una contenuta contentezza per aver contribuito, insieme ad altri, con un atto di solidarietà, ad aiutare i quattro giovani superstiti a raggiungere la loro meta, a dare un nome ai cinque giovani morti e a trasferire le loro salme in Kurdistan, affidandole all'affetto dei loro famigliari."

L'inviato del Corriere della Sera, nel suo articolo del 1/9/2002, nel descrivere la tragedia dei giovani curdi, affermava: Non hanno un nome, e probabilmente non lo avranno mai. Non si sa chi sono, non si sa quanti anni avessero, non si sa da dove venissero.

"Con un impegno caparbio e meticoloso, ci impegnammo a sapere  la loro identità e a ricercare i parenti presenti in Europa, con cui dovevano ricongiungersi. Dovemmo, prima di tutto, superare l'ostacolo di comprendere la lingua parlata dai superstiti, vista la inesistenza in Irpinia di un interprete curdo. Invitammo a venire ad Ariano da Torino un compagno del PRC, di origine curda, che poté parlare con i superstiti e pervenire, così, ai parenti dei giovani morti e alla loro identità:

Nerwan Ahmad Mahmud  di Kalar nato il 1/1/1983
Ayad Fadil Muhamed di Jalawla nato il 19/1/1980
Lukman Kader Abdulrahman di Khanaqin nato il 1/1/1984 
Deler Karin Suleman di Kalar nato il  1/8/1984
Adel Sirwan di Tuesk nato nel 1975 

Poi, osammo sfidare lo Stato Italiano e riuscimmo, sempre in pochi (PRC, CGIL, Associazione Vita, alcuni rappresentanti dei Comuni di Ariano e di Avellino, il Sindaco di Mirabella Eclano prof. Pugliese), con l'aiuto economico promosso da Anzalone, allora assessore nella Giunta della Regione Campania guidata da Bassolino, a trasferire le cinque salme prima in Siria e poi in Kurdistan, dove furono accolte da una numerosa popolazione che manifestò apprezzamento e gratitudine per il popolo Italiano."

Il trasferimento delle salme fu possibile nonostante la spietata avversione politica dei governi iracheno e turco nei confronti del popolo curdo e la incredulità di molti italiani.

"Avremmo voluto che questo stesso gesto di umanità fosse stato compiuto dallo Stato Italiano nei riguardi dei profughi eritrei, morti nel 2013, e trasportati a Lampedusa. I nostri morti" chiedevano i familiari e i superstiti "li vogliamo seppellire in Eritrea, è l'unica cosa che ci rimane". Una richiesta calpestata dallo Stato Italiano e dall'Unione Europea."

Dopo il trasferimento delle cinque salme, Franco Arminio indicò di situare una stele in ricordo della strage nell'area di servizio di Mirabella, dove erano stati ritrovati i giovani curdi. Il Sindaco di Mirabella, Pugliese, accolse la richiesta, poi avversata dalla società Autostrade S.p.A., tanto che la stele fu collocata all'esterno della recinzione che delimita il parcheggio dell'Autogrill. "Autostrade S.p.A riteneva, probabilmente, che quella stele avrebbe ridotto i propri guadagni, qualificando l'Autogrill un luogo infausto. Invitiamo Autostrade S.p.A. a rivedere la decisione assunta nel 2002 e a permettere la collocazione della stele nell'area del'Autogrill, tanto da poter essere più che simbolo di ricordo di una tragedia, stimolo nei riguardi della coscienza collettiva a respingere il nuovo razzismo e le politiche repressive di respingimento dei migranti e dei profughi." Un'opera anche questa dimenticata come quelle morti innocenti.

Gianni Vigoroso