L'autismo è un universo di una vastità enorme, molto più esteso di quanto si possa immaginare. Un mondo nel mondo estremamente complesso, difficile da capire e raccontare. Il racconto dell'autismo non potrà mai equivalere a vivere l'esperienza dell'autismo; di una vita condizionata e rivoluzionata dai ritmi scanditi dall'autismo. Giorno dopo giorno.
Parlarne, però, è fondamentale per tenere alta l'attenzione verso una realtà spesso sommersa e stimolare tutti i passi necessari al supporto e alla vicinanza alle famiglie che affrontano, con grande dignità e forza, una quotidianità faticosa, che qualsiasi comunità, facendo leva sui più basilari principi del senso civico, non può e non deve ignorare. Voltare la faccia dall'altra parte è semplice e richiede meno impegno che fare il possibile, ma immedesimandosi anche per un istante nei panni altrui, con empatia, è fondamentale per offrire quantomeno vicinanza: sembra poco, può essere tantissimo.
Nelle pieghe dell'autismo, c'è la conoscenza dell'autismo, che spesso passa in secondo piano sovrastato da polemiche e battaglie, pur legittime, per i diritti (sacrosanti), che vengono lette di sfuggita o sostenute in maniera piuttosto formale senza, però, comprendere appieno di cosa si stia parlando nel concreto.
Con Federica Saporito, mamma di Martina, 8 anni, abbiamo fatto una lunga chiacchierata, iniziando da una domanda semplice, ma non banale.
La giornata tipo di Martina
“È difficile raccontare una giornata tipo per chi come me ha un figlio autistico perché se da una parte sei vincolata a una certa routine, dall'altra l'autismo è imprevedibile, capace di far crollare ogni piccolo tentativo di “costruire” una quotidianità secondo precisi ritmi e abitudini. Chi soffre di autismo ha bisogno di avere dei riferimenti visivo-spaziali, non conoscendo la misura del tempo. Con la mia Martina facciamo sempre la stessa strada per andare a scuola, ci fermiamo alla stesso distributore di benzina. Sto molto attenta a rispettare ogni rituale. Se, per esempio, prima di fare una passeggiata lei mette il giubbino ogni volta che glielo faccio indossare lei si aspetterà di fare una passeggiata. Ogni azione ha una reazione. Bisogna rispettare la catena per evitare che, perdendo l'orientamento, vada in crisi. Naturalmente non si nasce con la routine incorporata e anche crearne una che le trasmetta sicurezza ha comportato tempo, sacrificio, dedizione, pazienza”.
La mattina
“Ci svegliamo alle 5,30 tutte le mattine e abbiamo faticato per arrivare a questo orario. Martina non aveva nessun orologio biologico. Fin da piccolissima ha avuto difficoltà a dormire, si svegliava anche ogni due ore la notte. Ci sono voluti anni per conquistare questo orario dopo che, per più di 5 anni, non ho dormito più di tre ore di fila. Martina ora dorme anche da sola. Si sveglia e viene a svegliarmi. Poi deve svegliare tutti e questo significa che anche la sorellina è costretta alle 6 di mattina e a essere già operativa. Si fa colazione: stessa spremuta, stessa merendina e stessa marca di merendina; gironzola per casa, sempre; sale e scende le scale, accende e spegne le luci, poi la TV, ma appena le dico: “Marty grembiulino”, lei corre in bagno per farsi preparare”.
I preparativi per andare a scuola
“Anche l'igiene personale segue un insieme di regole. Abbiamo il bagno tempestato di foto, lei segue le azioni riportate nelle foto, si veste secondo un ordine stabilito per cui devo prepararle tutto secondo lo schema. Se inverto un passaggio lei fa fatica a tornare indietro. Cosi, se ad esempio la catena è: piedi-denti-si esce dal bagno, ma la dimentico e le faccio lavare prima i denti lei si aspetta di uscire dal bagno e potrebbe opporre resistenza se le voglio lavare i piedi. Quando finalmente siamo in macchina conosce tutte le strade, ogni strada ha una destinazione per cui sa molto prima di vedere la scuola che andrà a scuola. La scuola è indispensabile per i nostri figli, i ritmi della scuola entrano a far parte della loro routine e poi ci sono i compagni di classe, è l'unica vera inclusione che a oggi esiste”.
Dalla scuola al rientro a casa
“Anche il tempo che “resiste” a scuola è stabilito, per cui in molti casi i nostri figli non fanno tempo pieno, ma hanno orari cuciti sulle loro esigenze. Appena arrivate a casa si mangia, mia mamma mi ha sempre aiutata con Martina e indirettamente si è creata un'altra routine: la nonna le fa trovare il piatto a tavola dal rientro della scuola. Zero attese. Se ha fame, ha fame. Poi ancora su e giù per le scale insieme al suo inseparabile amico il cellulare; mi prende per mano, mi porta in una stanza, poi in un'altra e appena sente il citofono va in cameretta: è il terapista”.
Le terapie domiciliari ed è già ora di andare a letto
“La terapia non sai mai come va, a volte è un continuo di “brava!", a volte piange in maniera così disperata che diventa uno strazio. Dopo c'è la passeggiata o la piscina dove va una, due volte a settimana. Cena, passando dai soliti passaggi e poi crolla, verso le 20 massimo. Questa, più che una giornata tipo, è una giornata ideale. Quella in cui non ha crisi di pianto forte, in cui non ti costringe a scappare dal supermercato; quella un cui la sorellina non ti chiede di farla smettere di urlare. Sono quelle giornate che vorresti solo che finissero. E poi ci sono i sabato e le domeniche: senza scuola e senza terapia perdiamo ogni “ancoraggio” alla realtà. Ci sono giorni in cui capitano imprevisti: la macchina non parte, un invito ad una festa, la sorellina invita un'amichetta, una cena di lavoro ed è il panico. L'autistico è tuo figlio, ma di autismo ci si “ammala” tutti”.
Federica ci ha raccontato anche tanto altro: come ha capito che la sua Martina fosse autistica; come è cambiata la vita, sua e della sua famiglia, quando l'autismo ne è entrato a far parte. Abbiamo affrontato anche i temi relativi all'assistenza e al supporto psicologico per le famiglie, fino ad arrivare a una riflessione del rapporto tra autismo, istituzioni, normative e strutture. Questa era la prima tappa di un lungo viaggio, che speriamo posso generare un dibattito costruttivo.
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