Dev’essere proprio finita la fase uno, la più colossale promozione di muri dove fare “a capate” per la disperazione. Sì, dev’essere così perché, anche se ancora timidamente, si riaffermano i vuoti a perdere delle settimane precedenti la crisi, l’emergenza.
Carlo Sibilia, ad esempio, dopo 5 settimane senza toccare palla (lo abbiamo visto aggirarsi cinque, sei giorni dopo i fatti sui luoghi dove quei fatti erano accaduti mentre i veri fatti, quelli nuovi cui la gente si appassionava, erano ovviamente in altri luoghi) ha ripreso il dialogo con i suoi sostenitori facendosi protagonista di una idea risolutiva, nuova, coinvolgente, che nel breve volgere di qualche settimana sarà capace di spazzare via ogni dubbio, ogni tentennamento, ogni possibile spiraglio di crisi nelle case, nelle famiglie, nelle aziende, nelle amministrazioni: “Ora, subito, abbassiamo gli stipendi dei parlamentari”.
Con rispetto parlando, tenuta a parte la personalissima “caduta” subita e il rovistare nei calzini per recuperare l’indesiderato monorchidismo, il sottosegretario deve avere due enormi difficoltà, che gli pesano come peccati mortali di cui doversi liberare.
La prima, grossa come il macigno con cui il penitente “Pattume” dell’armata Brancaleone si percuoteva il petto, è la difficoltà a convivere con quella serie di fortunati e irripetibili eventi che da anni lo costringono a convivere con l’appartenenza a una classe dirigente a lui del tutto estranea e allo spropositato emolumento che, di mese in mese, si trova accreditato nel conto che la Camera gli ha aperto in un privilegiatissimo istituto bancario a Roma: non si capacita che l’inutilità possa produrre un tale guadagno, a fronte dei vani e illiquidi tentativi di lavoro prima di allora approcciati e finiti sempre in una disperata disoccupazione giovanile.
L’altro, più leggero ma non privo di spiacevolissime ricadute psicologiche, è il doversi confrontare con l’equivoco d’appartenere a un movimento politico che proponendo il “pensiero unico” ha finito per rintanarsi nell’unico e sempre lo stesso pensiero da anni: ridurre gli stipendi ai parlamentari, appunto.
La “bestia” che governa la comunicazione del sottosegretario è la stessa che lo ha portato, nel giro di pochi mesi, da dominus della città di Avellino a “fruscio” nelle sfide a “padrone e sotto” che organizzano nel bar dietro casa, dove è sempre lui, pure là, a restare a secco, senza bere, perché a tutti piace portarlo “a urmo”, a rosicare e pagare.