«Pronto soccorso, medici esasperati e snervati dalla tensione»

Pasquale Porcile, Coas: così non si lavora bene e aumenta il rischio clinico

Avellino.  

L’emergenza pronto soccorso senza fine. Dopo l’ennesima aggressione in danno alla dottoressa in servizio nell’unità di emergenza i sindacati chiedono un incontro ad horas ai vertici dell’azienda. Cimo, Sisi, Nursind e Coas chiedono un confronto. Nuovi spazi, più medici e infermieri, e riassetto del servizio in generale. Ecco le richieste messe nero su bianco in una nota stampa.

“Gli operatori - spiega Porcile- sono costretti a lavorare in ambienti assolutamente non idonei ai compiti ed alle mansioni ad essi assegnati. L’impatto ambientale, l’enorme promiscuità, l’assoluta mancanza di privacy rende impossibile accogliere con dignità i pazienti. Questa continua precarietà non consente un approccio sereno ed in sicurezza all’ammalato. L’altissimo rischio clinico complica le cose, riducendo la serenità e capacità di intervento dei sanitari. Insomma, aumenta il rischio e possibilità di commettere errori».

Insomma, record di aggressioni e ricoveri diventano una pericolosa miscela per utenti e lavoratori.

«Una situazione drammatica con aggressioni al personale ormai all'ordine del giorno. Senza contare le attese in pronto soccorso che durano troppo come le stesse sistemazioni in attesa di ricovero, in alcuni casi lunghe giorni. Certo, non è colpa dell'azienda, ma della politica governativa e regionale - spiega Pasquale Porcile Coas -».

«Una situazione -conclude il segretario del Coas- che non assicura una adeguata e valida assistenza alla numerosa utenza». Il Coas, insieme ad altre sigle sindacali, ha chiesto ai vertici dell'azienda ospedaliera un incontro urgente sulle problematiche sollevate.

«Stiamo pagando lo scotto di anni di gestione scellerata - commenta Porcile -. Ho lavorato venti anni in pronto soccorso, ma i livelli di criticità raggiunti attualmente sono incredibili.

Se fino a qualche anno addietro i posti letto erano di 4,5-5 ogni mille abitanti, attualmente sono di 3,5. Una riduzione da capogiro se si pensa come e quanto si è allungata la vita media dei pazienti. Insomma la buona cura e buona sanità fa vivere di più, ma comunque la qualità dell’assistenza è peggiorata. Solo in Irpinia la politica di chiusura di tantissimi presidi portata avanti per tutti gli anni del Commissariamento Sanitario ha sacrificato molto il territorio. Il Moscati è un a Dea di Secondo Livello offre 500 posti letto circa con un’utenza che fa numeri da capogiro. Senza contare che deve assorbire la stragrande maggioranza del fabbisogno dell’area Mandamentale e Circumvesuviana. Credo vada ridisegnata la mappa del bisogno, calibrandola davvero sui bisogni della gente».