Caggiano: "Il vino o lo fai bene o è meglio che non lo fai"

Una cantina atelier e la mano tesa al Sannio: "L'obiettivo è comune: valorizzare il territorio"

Taurasi.  

Sembra di essere in un atelier quando si entra da Antonio Caggiano: una galleria d'arte, più che una cantina, sebbene il soggetto sia lo stesso, il vino. D'altronde Antonio Caggiano è un artista, oltre a fare un ottimo vino è anche un ottimo fotografo, e la cantina, che scende per trenta metri nel sottosuolo, con vari livelli, l'ha realizzata lui, con materiali e macerie recuperate dalla distruzione del terremoto. E la visita con un eccellente Cicerone come l'enologo Angelo Melillo contribuisce a una narrazione quasi fiabesca.


D'altronde Antonio Caggiano lo dice: “Volevo una cantina unica, dove anche chi non capisce di vino può venire e imparare qualcosa”. Quanto al Sannio in crescita dal punto di vista vinicolo il guanto di sfida Caggiano non lo raccoglie: “Ma no, facciamo la stessa cosa: produciamo aglianico e il Sannio ha un grandissimo aglianico. Non parlerei di sfida, quanto di competizione: io guardo a chi fa il mio stesso mestiere e cerco sempre di imparare qualcosa, ovviamente punto a farlo meglio il mio mestiere, ma senza porla a mera questione concorrenziale. L'obiettivo è comune: valorizzare il territorio, tenendo conto della diversità. Poi i risultati vengono, questo è certo. ”.


E magari anche difenderlo da errori che vengono commessi. Caggiano ad esempio parlando di territorio punta proprio a preservarne le caratteristiche, l'autenticità, storcendo il naso di fronte a disciplinari troppo larghi: “Allargare a 17 comuni la produzione qui è stato un errore: il territorio è tutto e unire sotto lo stesso marchio uve prodotte in pianura con uve prodotte a 900 metri di altezza è un errore madornale. Se vinifichiamo aglianico in purezza, con uve di qualità, dedicandosi alla vigna come ci si dedica a una persona che ami allora faremo qualcosa di buono”.


Per quanto attiene alle aree interne dunque, secondo Caggiano il futuro non può prescindere dalla qualità e da una crescita che punta proprio a valorizzare la tipicità del territorio: “Innanzitutto non bisogna fare vino solo per far soldi, è controproducente: lavorare in una vigna vuol dire prendersi le gioie ma anche i dolori, se si vogliono solo le gioie è meglio non farlo. Aree come le nostre, come Irpinia e Sannio, lavorando bene possono ambire a raggiungere traguardi importanti, come hanno fatto Piemonte e Toscana”.