Avere uno dei posti più belli dove sciare in Italia meridionale, essere pieni di neve e vedere tutto chiuso, abbandonato. Il Laceno vive l'anno più buio degli ultimi trent'anni. Nemmeno la sentenza del Tar dello scorso 19 ottobre, che ha fatto chiarezza sulle proprietà dell’area tra l’ex gestore Giannoni e il Comune di Bagnoli, gli annunci del progetto pilota per il rilancio della stazione sciistica e, quindi, del turismo, riescono a cambiare passo.
Oltre le chiacchiere e il fatto che Giannoni può smontare tutto e portarselo via, al Laceno è tutto bloccato.
Un quadro a tinte scure, insomma, dove le ultime decisioni della Giunta, approvate all’unanimità, nella seduta dello scorso 6 dicembre, lasciano ancora più perplessi. Gli interrogativi sono diversi e tutti da porre al sindaco, Teresa Di Capua, che ha tenuto per se la delega all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici. Deleghe importanti per una giovane sindaca, eletta dai cittadini ché vedevano in lei una luce per uscire dal tunnel. Ma che oggi mostra tutte le difficoltà sia dal punto di vista politico sia amministrativo, smorzando le speranze di una cittadinanza che continua, abituata com’è, a rimboccarsi le maniche nell’attesa del cambiamento.
C’è da chiedersi come possa ancora parlare di rilancio (del turismo ne aveva fatto un punto di forza in campagna elettorale), l’assessore Rino Ferrante.
Il Puc, quello nuovo, madre di ogni previsione, è pieno di inciampi. Sorvolando sul copia e incolla fatto di alcune parti, è nella delibera che ne traccia le “Linee programmatiche e strategiche ed Indirizzi per la redazione del PUC” che si trovano, numerosi, i dubbi. Manca una visione globale. Ci sono tanti pezzi messi insieme a caso.
Lascia perplessi il punto dove si legge, “intorno alle attività esistenti di Laceno, ove possibile, delimitare aree da poter assegnare agli imprenditori per realizzare ampliamenti alle proprie strutture e spazi da dedicare a verde attrezzato”. E le zone rosse?
Non è stata fatta chiarezza su chi possa fare cosa, in queste aree, pur avendo terreni o fabbricati. Le possibilità di trasformazione, oggi, sono stabilite dalle norme di attuazione del Piano Stralcio Rischio Frana e in tali zone è sostanzialmente vietata ogni possibilità di intervento che comporti aumento di carico urbanistico o incremento del livello di rischio.
E veniamo al turismo. Al di là di avviare la procedura per eliminare gli usi civici sulle aree ove ricadono le attività esistenti (seggiovie ecc.) e sulle aree circostanti e quelle dei potenziali nuovi insediamenti, atto praticamene dovuto, ci sono una serie di punti dove l’amministrazione Di Capua non chiarisce come intenda sfruttare le potenzialità del territorio. Per questo rischia, sul piano del turismo, di restare ancorata alla sola Sagra del Tartufo, con tutto il rispetto il turismo è un’altra cosa.
Nel deliberato si va dalla individuazione di nuove aree per i parchi divertimento, così da duplicare semplicemente l’esistente, ovvero Lacenolandia. Un po’ come accadeva anni fa, quando gli impianti erano aperti e c’era un proliferare di affitta sci, utili solo ad alimentare una inutile e dannosa concorrenza.
In tutto questo non si capisce l’impronta dell’assessore al Turismo che dice sì di voler “individuare un’area per l’insediamento di una nuova struttura alberghiera sia a Bagnoli sia a Laceno”, ma poi dimentica di spiegare dove. Nel frattempo, proprio al Laceno, vi sono una serie di strutture alberghiere ormai abbandonate.
Realizzare al Laceno un polo turistico che possa garantire affluenza turistica da gennaio a dicembre non significa certo pensare a piste da sci più larghe e in sintetico.
Più di un imprenditore manifesta dubbi sulla destinazione d’uso della “Rotonda” a pista da pattinaggio invernale e palestra estiva, che rischierebbe di rimanere ad appannaggio esclusivo dei residenti di Bagnoli se a monte non viene incentivato il flusso turistico.
Così come la previsione di un villaggio camping, che rischierebbe di essere del tutto inutile.
Per non parlare delle aree di sosta, che sembrano non trovare armonia con un piano viabilità, che resta ancorato intorno alle provinciali per Avellino e per Acerno.
Insomma, è un cane che si morde la coda.
Eppure questo Comune, che dovrebbe fare del turismo il traino per lo sviluppo sostenibile dell’intera provincia, pur avendo tutte le carte in regola, non riesce a voltare pagina.
Basterebbe prendere ad esempio località di montagna con stazioni sciistiche, che oggi campano di turismo, e ripercorrere i passaggi fondamentali per far diventare il Laceno un polo d’eccellenza.
Ma pare che non vi sia la capacità né di mettere l’uno dietro i birilli per costruire un percorso che porti allo sviluppo né la volontà di far sì che l’unica stazione sciistica della Campania torni a far riaccendere i riflettori sul nostro territorio. Restano le promesse, così come i proclami del sindaco e un assessore al Turismo che resta alla finestra… mentre la neve cade.