di Simonetta Ieppariello
Padre Pio e i suoi segreti, i miracoli, la straordinaria forza di una fede unica, quella del Santo. In giovinezza Padre Pio dimorò nel convento dei frati Cappuccini di Gesualdo. (guarda ultima puntata de L'Altra Campania dedicata a Gesualdo e i Bambinelli di Padre Pio, seconda puntata dedicata al borgo del principe dei Musici, Carlo Gesualdo e il suo Castello)
Eccola l’Irpinia di Padre Pio che, pochi mesi prima di diventare frate, dimorò per un mese in quel convento così ricco di fede e tradizione. Ancora lì, in quella stanza che lo ospitò nel secolo scorso, c’è un Bambinello speciale, di quelli che Padre Pio coccolava con amore e che, secondo i racconti degli anziani che in vita conobbero il santo di Pietrelcina, addirittura sembravano prender vita tra le sue braccia, piangendo o sorridendo. Eccola l’Irpinia di Padre Pio quella ricca di mistero e che sembra nei suoi luoghi ricordare le sofferenze del Santo del Popolo.
"si avvertiva spontaneo, per la sua assenza, un gran vuoto nei nostri conventi e si viveva di speranze e aspettative, che ci infondevano conforto e quasi certezza che l'amabile presenza di fra Pio fosse sempre con noi", così Padre Giulio Guglielmo da San Giovanni Rotondo, compagno di noviziato, descriveva nei suoi diari la presenza del giovane frate nel Convento di Gesualdo.
Come lui amico sodale era stato padre Antonio Gambale, morto anni addietro e per anni la guida del Convento francescano di Gesualdo.
Nel mese di novembre del 1909, Fra Pio da Pietrelcina raggiunge il Convento dei Padri Cappuccini per completare il percorso di studi seminaristici presso la Scuola di Teologia Morale del Seminario Serafico di Gesualdo e per ricevere la consacrazione sacerdotale.
Il giovane frate, già fortemente debilitato dalle cagionevoli condizioni di salute, dopo solo quaranta giorni, fu costretto a lasciare Gesualdo per rientrare in famiglia a curarsi. "Se volete che io muoia lasciatemi a Gesualdo" pare avesse raccontato ai frati del convento. Lo ricorda commosso don Emidio, che era un giovanissimo novizio quando conobbe Padre Pio.
Riprese le forze e superati i malanni, Fra Pio venne consacrato sacerdote nel Duomo di Benevento nell'agosto del 1910. Anche se breve, la presenza di Padre Pio rimase impressa nella memoria dei suoi compagni e della comunità monastica di Gesualdo. A testimonianza di quella straordinaria presenza, oggi, nel convento è possibile visitare la Cella dove visse il Santo e un piccolo Museo dove sono custodite reliquie e testimonianze del passaggio di San Pio da Pietrelcina a Gesualdo. Ci ha accompagnato padre Enzo Gaudio, oggi coordinatore anche dei gruppi di preghiera di Padre Pio in tutta la Campania. Quella più di altre fu la grande intuizione di Padre Pio portare la preghiera, condivisa e forte nelle case, così da arrivare nell’intimità dei rapporti e delle famiglie.
Il luogo, ameno e sobrio, è oggi meta di devoti pellegrini che raggiungono la quiete di Gesualdo per ripercorrere lo straordinario cammino di fede e di speranza che ha reso la figura del Santo con le stigmate un’icona della moderna cristianità.
Gesualdo e quel mese che come spiega frate Emidio, sembra lasciare una scia di santità. «Ogni luogo - spiega don Emidio che conobbe Padre Pio e lo assistette nella notte del trapasso a miglior vita - in cui vive un Santo resta animato dalla sua luce. La sua cella era in fondo a quel corridoio. Quel letto, il leggio, gli arredi umili il legno antico ci riportano a quelle intime sofferenze che il nostro Santo patì».
La nuova puntata de L’Altra Campania è dedicata alla fede e al popolo, a Gesualdo, alla storia speciale di un Santo, ai Bambinelli finemente ornati simbolo della credenza e della speranza, a quei paramenti e reliquie che hanno attraversato la storia.
E poi c’è zia Tecla, la sua casa è un museo. Lei stessa riparò un paramento di Padre Pio e commossa e autentica ci mostra uno scatto di quel giorno speciale. Lei alla sua Gesualdo vuole fare un dono. Fin da bimba ha imparato a cucire. Un apprendistato lungo e difficile, che l'ha resa artista del ricamo, del cucire, del saper fare. Guardare le sue mani significa conoscere il racconto di una vita intera. I suoi occhi grandi sono lo specchio della verità di una comunità raccolta intorno al suo castello.
Ha ricostruito con minuzia di particolari e tanto lavoro la corte del Principe, i suoi vestiti preziosi. Una macchina per cucire e l’arte nelle mani. Gorgiere e velluti, perle e ricami su quei tessuti arrivati anche da San Leucio.
C’è donna Geromina e il figlio di Carlo Gesualdo. Tutto sapientamente cucito a mano, nel tempo. Ha guardato quadri e foto, ricostruzioni e mostre, Andò a Napoli a guardare come si facevano i vestiti.
“Mettere le borchie è la cosa più difficile - racconta umile e fiera -. Su ogni vestito c'è la sua gorgiera. Ma sto lavorando ho un progetto ambizioso, voglio regalare, donare al mio paese tutti questi vestiti. Lo faremo ad agosto. Sarà una grande festa, sarà la nostra festa».