Un sogno incontrare il Papa: gli zampognari Gioacchino e Carlo

Il racconto di due "protagonisti speciali" del presepe donato al Papa dalla comunità mercoglianese

(Clicca sulla foto in alto e guarda lo speciale di 696 da Piazza San Pietro) Gioacchino Acierno e Carlo Preziosi, raccontano il loro amore per la tradizione. Ogni anno, a dicembre, lasciano tutto per diventare zampognari. E girare la Campania.

Mercogliano.  

 

di Andrea Fantucchio 

«Vedere il Papa da vicino è stato indimenticabile». Gioacchino Acierno, mercoglianese doc, ci racconta dell'esperienza vissuta giovedì scorso: quando a Piazza San Pietro è stato presentato il presepe dell'Abbazia di Montevergine. Gioacchino, con l'amico Carlo Preziosi, ha fatto ascoltare al mondo la musica degli zampognari della provincia di Avellino. (Clicca sulla foto di copertina e guarda lo speciale video di 696 da Piazza San Pietro col collega Angelo Giuliani)

«Si tratta del “belato irpino” - racconta – una melodia unica: appartiene soltanto alla nostra terra. Portarlo in giro per Roma, farlo ascoltare anche al Papa, è stato meraviglioso».

Gioacchino e Carlo da oltre vent'anni, a dicembre, abbandonano il loro lavoro. E si trasformano in zampognari. Testimoni erranti di quella musica e di quelle tradizioni che affondano le proprie origini all'inizio dei tempi.

Zampognari: una figura antichissima

Figure antichissime, gli zampognari. In passato pastori che lavoravano di notte, lontano dalle proprie case. Indossavano giacca di montone, mantello nero, cappello di velluto decorato con nastri e le “zaricchie” (sandali caratteristici) ai piedi.

Andavano in giro, fra le strade della città, nelle due novene: quella dell'Immacolata Concezione (dal 29 novembre al 7 dicembre) e quella di Natale (dal 16 al 24 dicembre). Intonavano melodie, poi diventate familiari, come la loro caratteristica zampogna. In cambio i cittadini donavano loro piccole offerte in denaro.

Quest'anno Gioacchino e Carlo sono stati ospiti d'eccezione della comitiva del Partenio, ricevuta da Papa Francesco.

L’Abbazia di Montevergine ha donato al Santo Padre un'icona della Madonna e un'acquasantiera in ceramica con lo stemma di Montevergine. Oltre a una campana con un presepe realizzato artigianalmente. E giovedì pomeriggio, durante l'accensione delle luci del presepe e dell'albero arrivati da Elk in Polonia, c'era anche la rappresentativa di Mercogliano guidata dall'Abate di Montevergine, Riccardo Guariglia.

Da Mercogliano a Piazza San Pietro

Gioacchino racconta: «Ringraziamo l'abate di che ci ha dato l'opportunità di portare i nostri suoni in Piazza San Pietro. A farci ascoltare dal Papa. Io e Carlo eravamo le uniche due “statue mobili” del presepe a grandezza naturale».

Una passione, quella di questi due irpini, partita da lontano.

«A Mercogliano c'era già la tradizione degli zampognari. Carlo ha iniziato a intraprendere dei viaggi per andare a trovare degli zampognari dal centro sud. Altre nozioni le abbiamo apprese da Carmine Dello Russo, per tutti Zì Minuccio, l'ultimo zampognaro di Mercogliano. Da lui abbiamo acquisito delle sonorità tipiche di Capocastello. Quando sono stato in Spagna, la cosa che mi mancava di più era proprio questo periodo dell'anno. Come zampognari portiamo Gesù in ogni casa. Con musiche e costumi particolari e unici».

“In Spagna, la cosa che mi mancava di più, era proprio questo periodo dell'anno...»

Eppure, oggi, sono pochi i ragazzi interessati alla figura dello zampognaro.

«Spesso dei ragazzini ci seguivano. Hanno iniziato a suonare la zampogna. Ma non vogliono ancora prendere il testimone. E, per la verità, neanche io e Carlo siamo pronti a cederlo (Ride ndr)»

In moto per "trovare" gli zampognari

Proprio Carlo ci aiuta a ricostruire la storia di questa passione per gli zampognari. Quel genere di passione che si consolida e matura di anno in anno.

«Mi sono avvicinato al mondo della tradizione per studio e per piacere. Trovare la zampogna è stato molto difficile. Non si tratta di uno strumento facilmente reperibile, come una chitarra. Oggi se digiti il nome di Antonio Forastiero, uno degli ultimi costruttori di zampogna, trovi migliaia di risultati su Internet. Una volta non era così. Noi ascoltavamo i nomi di questi costruttori di zampogne nelle vicinanze dei santuari. In occasioni particolari. Così abbiamo intrapreso i primi viaggi. Un anno, a bordo delle nostre motociclette, decidemmo di attraversare solo strade di montagna. E riuscimmo a trovare un pastore che suonava la ciaramella, in Calabria. Da lì si è aperto un mondo fatti suoni incredibili».

Una storia lunga una vita. Che si arricchisce di aneddoti indimenticabili anno dopo anno.

L'appello al Papa e a tutte le istituzioni

«Per lavoro faccio il grafico per un'azienda. Ma a dicembre lascio tutto. Come Gioacchino. Giriamo il napoletano: Acerra, Casalnuovo, Secondigliano. Partiamo alle 4 del mattino. La prima suonata è alle 5, in piena notte. E per nove giorni facciamo sempre questo percorso. Continuiamo fino alle 18. Abbiamo fatto di tutto per "costruire" una novena qui in Irpinia. Non ci siamo riusciti. Non c'è lo stesso spirito. Le famiglie preferiscono restare chiuse in casa, davanti alla tv. Si ricordano degli zampognari solo in occasioni particolari. Come il 25 dicembre, durante la Santissima Messa al santuario di Montevergine. Per noi è un onore suonare anche alla presenza di “Mamma Schiavona”».

Noi ci facciamo volentieri portavoce dell'appello di Carlo e Gioacchino. I due hanno scritto anche una lettera al Papa per “chiedere aiuto”.

«Vorremmo valorizzare il rituale della novena. Far sì che si riconosca la valenza religiosa di questa tradizione. E poi, lo ripeto, vorremmo creare una novena irpina. Contribuire a sviluppare il senso di unione, creare una comunità del Natale. Come quando ci invitano nei ristoranti di Mercogliano. Ci sediamo a tavola, intoniamo le musiche tradizionali. Ed è sempre una festa».