di Luciano Trapanese

Molti lettori ci hanno scritto: non parlate di pericolo terremoto, perché suscitate solo l'angoscia di chi quel 23 novembre l'ha vissuto davvero, con lo strazio dei morti, dei feriti, dei paesi ridotti in macerie.

Li capiamo. Ma restare in silenzio rispetto alla solita, imperdonabile, colpevole inazione delle istituzioni è sicuramente un errore. E un organo di informazione, che poi non è altro che la voce collettiva di una comunità, non può tacere.

Ci sono tante cose da fare per mitigare il rischio. Non per evitare i terremoti, se la terra ha deciso di tremare c'è poco da fare, ma per assicurare ai cittadini soccorsi adeguati e veloci (per non parlare della messa in sicurezza almeno degli edifici essenziali, ospedali prima di tutto. Ma questo è un altro argomento).

Ne abbiamo già parlato in un articolo precedente. Ma è meglio ribadirlo e svegliare i comuni – anche e soprattutto grazie alle vostre sollecitazioni – rispetto a una cosa molto semplice. Uno strumento del quale avrebbero dovuto dotarsi non ieri, ma nel lontano 1992: i piani di emergenza.

Ebbene, solo il 70 per cento dei comuni campani ne ha uno (gli altri sono incomprensibilmente e da ben 14 anni fuorilegge).

Ma tutti quelli che hanno comunque realizzato i piani hanno ben evitato (chissà perché?), di comunicarli ai cittadini.

Restano lì, chiusi nei cassetti. Praticamente inutili. Se in caso di emergenza nessuno sa cosa fare e come comportarsi, quei piani sono carta straccia.

Quest'invito è rivolto a tutti i comuni della Campania: informate la vostra gente, distribuite brochure, installate segnaletiche che indirizzino le persone in caso di eventi comunque non improbabili.

Non farlo è una colpa. Grave. Senza scuse. Non è una questione di fondi. Nessuno potrà giustificarsi. E' un compito degli enti locali. Preciso, dettagliato. E in Campania, ancor di più in Irpinia, non informare la cittadinanza su come comportarsi in caso di emergenza per facilitare i soccorsi è un delitto.

Si sbandiera tanto e in ogni dove il piano di evacuazione dei paesi vesuviani in caso di eruzione. Ma non una parola su cosa dovrà fare la gente se la terra trema. E questa è una regione che, purtroppo – nessuno si agiti, ma è un'amara verità -, si trova in una zona ad altissimo rischio.

Ai comuni ne chiederemo conto. Noi per primi (è un nostro dovere). Ma fate altrettanto: pretendete dai vostri amministratori la diffusione massima dei piani di emergenza. Oltretutto, soprattutto nei centri più piccoli, non devono essere così complicati.

Cio sconcerta soprattutto il silenzio delle amministrazioni di quei paesi che hanno già subito la violenza omicida di un terremoto. Sono passati 36 anni. Evidentemente qualcuno è capace di dimenticare tutto. Anche i morti.

Se vi rispondono – alla richiesta di conoscere i piani – con un no, segnalateci il comune che tace. Lo denunceremo ripetutamente, segnalandolo poi all'autorità giudiziaria. E' una evidente omissione in atti d'ufficio.