«La frequenza sempre più serrata con cui si stanno susseguendo gli eventi sismici nell’Appennino centrale, oltre a catapultare nuovamente nell’angoscia popolazioni già estremamente provate dagli eventi della scorsa estate, funge da impietoso promemoria affinché non ci si dimentichi nemmeno per un attimo della fragilità complessiva del patrimonio edilizio e abitativo del nostro Paese. Sul fatto che a fare la differenza, più che l’intensità delle scosse, sia la qualità costruttiva degli edifici e la loro capacità di rispondere alle sollecitazioni dei terremoti non ci può essere alcun dubbio. Uno scatto in avanti, però, bisogna farlo anche sul fronte normativo e operativo, mettendo in piedi un piano sistematico di prevenzione e applicando grande rigore nei lavori di ricostruzione delle zone colpite».

Lo dichiara Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientalepresso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA.

«Non c’è bisogno di scomodare il Giappone per trovare esempi virtuosi, li abbiamo avuti anche in Italia –prosegue Simoncini –. Basti pensare a Norcia, che dista una manciata di chilometri dalle zone devastate dall’attuale sciame sismico e che, dopo il terremoto del 1997, è riuscita a intraprendere un percorso sistematico di consolidamento del patrimonio edilizio fatto di interventi su piccola scala ma di portata decisiva: dalla sostituzione di pericolosi elementi di cemento armato con quelli di legno al collegamento dei muri tramite catene o, ancora, all’utilizzo di materiali alternativi come plastica o fibra di vetro per conferire elasticità alle pareti. L’efficacia dell’operazione è testimoniata dall’ottima tenuta della cittadina in occasione degli ultimi eventi.

In fatto di ricostruzione, invece, non c’è dubbio che quanto accaduto in Friuli all’indomani del terribile terremoto del 1976 può costituire un valido esempio: la proficua collaborazione fra Governo centrale ed enti locali, unita al lodevole impegno dei privati, fece in modo da rimettere in piedi case, edifici pubblici e fabbriche in tempi accettabili e di preservare il tessuto sociale e la memoria collettiva dei singoli paesi. Prevenzione e ricostruzione, però, non possono prescindere da un’azione decisa dell’Esecutivo: sia attraverso una politica sul medio periodo di defiscalizzazione e di incentivi per chi esegue lavori di adeguamento antisismico su abitazioni e luoghi di lavoro sia con un intervento legislativo cogente nei confronti di quelle Regioni e quei Comuni più refrattari alla messa in sicurezza dei propri cittadini». Foto dal Web

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