Giugliano in Campania

 

di Simonetta Ieppariello

Lago Patria, un paradiso immerso nell’inferno della terra dei fuochi. Ecco cosa è diventato il litorale di Licola un ricettacolo di degrado, sporco e veleni. Lo spettacolo, è davvero raccapricciante. Per noi che ci arriviamo con le telecamere quello che ci appare di fronte è quell’inferno dove finisce la terra quando l’uomo inquina, sporca uccide. Negli ultimi anni l'arenile si è anche trasformato in un cimitero di animali con carcasse di topi morti e vivi che galleggiavano in acqua riversati dal canale diventato un fiume dove tutto poi scorre e sfocia a mare. Lo abbiamo percorso l’Alveo Camaldoli 24 chilometri di dedalo prezioso in quella che era la Campania Felix, ma che attraversando quei quattro comuni accoglie rifiuti di ogni genre per trasportali nel mare. Ci siamo stati con Umberto Mercurio presidente dell’associazione Licola Mare Pulito per la nuova puntata di Terra Mia. «Questo canale riesce a portare davvero di tutto - spiega Mercurio -. C’è di tutto auto, rifiuti, cemento, scarti industriali. Tutto arriva in spiaggia. Tutto a Licola, in territorio di Pozzuoli. Denunciamo da anni., Ma niente cambia». 

Le acque del Giuglianese sono malate. Il litorale domitio continua a soffrire: inquinamento incontrollato, abusivismo sfrenato, fior di milioni attorno a cui girano interessi neanche tanto occulti. E’ il litorale della vergogna, quello di Licola, Varcaturo e Lago Patria. 

«L’alveo dei Camaldoli costruito dai Borboni attraversa quattro comuni che non controllano. E’ una fogna. Ci sono scarichi abusivi incontrollati da anni».

La balneazione è vietata dovunque. Anche se non c’è nulla di ufficiale, sono pochi quelli che s’azzardano a mettere piede in acqua. Il colore dell’acqua cambia a seconda degli scarichi. Nero, marrone, rosso. E’ un fiume di liquami quello che viene versato ogni giorno nelle acque del Giuglianese. Un fiume che sembra sgorgare dal ventre della Terra, percorre metri di fogne abusive, abbandonate, spurga i cunicoli senza luce e come una gigantesca pompa sommersa scarica in superficie acqua, fango e tanti liquidi putridi. Nel mirino i tre canali che sversano lungo il litorale domitio (Canale degli Abruzzesi, Alveo Camaldoli ed Alveo di Quarto). 

Sulla carta raccolgono acque pluviali e di falda, in realtà rastrellano i liquami di centinaia di scarichi fognari abusivi. «Ci chiediamo perchè non partono i lavori di bonifica. Stiamo uccidendo il mare. Il mare che è lanostra unica risorsa morirà del tutto,. Qui nessuno fa il bagno. C’è da rischiare davvero, si vede. Il canale Abruzzese viene da Giugliano è la vecchia fogna Neronis, serviva Cuma, portava grano da Cuma. Dovrebbe essere una facies preziosa invece è una cloaca». Di fronte a un tale disastro ecologico lavorano ambientalisti e parroci per dire basta. Umberto e Don Rocco passeggiano sul greto del disastro che sprofonda nel mare.

Il rischio per la salute è altissimo. «Questo è un disastro ambientale. La sabbia per essere bonificata servirebbero tre anni». 

Dopo gli anni dell’eccesso, della crescita cieca e sregolata, il litorale domitio deve infatti fare i conti con un degrado indescrivibile: le mille contraddizioni, i conflitti, gli interessi economici, le coperture da parte di organizzazioni senza scrupoli. E’ un territorio cresciuto sotto i colpi dell'abusivismo edilizio e delle grandi speculazioni. «Ci sono persone che si chiudono in casa e muoiono di cancro. Tutto senza che nessuno intervenga - commenta don Rocco Barra, viceparroco di Lago Patria -. Vogliamo salvare la nostra terra. Vogliamo vivere. Serve il registro dei tumori. Servono dati e impegni. Il carico di morte che c'è qui è pauroso».