Sembra passata un'era geologica da quando le redazioni dei giornali erano invase da comunicati di questo tipo: la nostra casa di produzione sta per immettere sul mercato un video porno girato con attori e attrici amatoriali della vostra provincia (per la Campania quasi sempre Avellino, Benevento, un po' meno Salerno o Caserta. Quasi mai Napoli: troppo grande per attirare morbose curiosità). Naturalmente non era vero niente. I presunti attori “amatoriali” potevano essere di qualsiasi parte d'Italia (neppure parlavano). Indossavano maschere e parrucche (rendendoli irriconoscibili. O meglio: potevano essere chiunque, dalla vicina di casa, alla parrucchiera, al meccanico o l'avvocato). E proprio su questa indeterminatezza giocavano gli uffici stampa delle case di produzione porno italiane. Suscitare la curiosità, non soddisfarla del tutto e alimentare il sospetto: sarà lei, sarà lui?

Quindici anni dopo questo espediente sembra un giochetto quasi infantile rispetto alle strade intraprese dal porno fatto in casa con gli smartphone. Quella era l'epoca delle videocamere, che avevano appena sostituito le polaroid (i famosi autoscatti). Il web non era quello di oggi e soprattutto non c'erano i social. La piazza virtuale non esisteva. E neppure la condivisione. Termini come “virale” non erano stati inventati. E se qualcuno/a finiva su un sito porno per aver girato un video fatto in casa, lo scandalo era circoscritto. Nessuna gogna mediatica. O meglio (chiariamo): la gogna c'era lo stesso – la gente non cambia – ma era circoscritta. Nessuno avrebbe immaginato di cambiare nome per rifarsi una vita.

Era il tempo delle videocassette, dunque. Il massimo della condivisione era prestare il supporto di plastica ad un amico. Per farlo vedere a chi abitava altrove c'era una sola possibilità: inviarlo per posta. Insomma: epoca analogica, condivisione analogica, scandalo ridotto. E soprattutto: quelle immagini non circolavano per anni in rete, disponibili sempre, comunque, ovunque e anche commentabili nella sterminata piazza virtuale.

Quelle cassette avevano di fatto sancito la chiusura dei cinema porno e consentito la visione di certe pellicole nel chiuso delle abitazioni. Prima, per chi era ragazzo sul finire del '900, le scene hard erano invece tutte lì, nei giornali conservati in fantasiosi nascondigli dai fratelli maggiori (Le Ore, Caballero e via dicendo), negli innocui fumetti per adulti (Zora, Lando, Vartan...), nei cinema a luci rosse – appunto -, e in qualche tv privata che di notte trasmetteva i film proibiti. Un mondo altro dunque, lontano. Situato in un emisfero distante anni luce rispetto al consumatore.

Basti pensare ad uno scandalo tutto avellinese degli anni '70. Delle studentesse si erano fatte ritrarre nude da un fotografo a Napoli. Dovevano essere nudi artistici. Eppure bastarono quelle immagini per scandalizzare l'intera provincia. Oggi, quelle stesse foto, non avrebbero lo stesso effetto, anzi.

Web e smartphone hanno eliminato ogni distanza tra chi produce e consuma immagini porno. Uno sdoganamento che non ha fatto i conti con l'arrivo dei social e l'utilizzo selvaggio che se ne fa. Ora tutti in ogni momento possono girare un video hard. Basta un clic sul cellulare. L'altro clic consente la visione di quelle immagini al mondo intero.

Ma non solo. Gli smartphone sono ormai estensioni vitali di tutti noi. In particolare degli adolescenti. L'uso spregiudicato fino all'incoscienza può colpire un adulto. Ma molto spesso chi è più giovane. E che ha anche una struttura mentale inevitabilmente fragile.

Le conseguenze le conosciamo tutti. Evidentemente la tecnologia è andata troppo veloce. Per molto tempo si sono ignorati i rischi connessi a un utilizzo troppo superficiale del web. Sui social si lanciano insulti e offese, come se quello fosse un mondo altro. Ignorando che è solo un'amplificazione del reale. E si gioca a fare i divi porno, non immaginando che si può raggiungere con facilità lo stesso pubblico di Rocco Siffredi. Forse la storia di Tiziana ha aperto gli occhi. Può essere una lezione per chi con leggerezza espone le sue performance erotiche davanti a un cellulare e per chi commenta e diffonde quelle scene “sfuggite di mano” a chi le ha realizzate.

E, come direbbe qualche nostalgico, era meglio il tempo delle videocassette...