di Luciano Trapanese

Se De Luca sarà un buon governatore della Campania lo diranno i fatti. E giudicheranno gli elettori. Ma nel frattempo al presidente della Regione devono essere presentate delle scuse. Che non arriveranno. Soprattutto da quanti – e sono tanti, politici e giornalisti -, lo hanno etichettato e inserito nella lista degli impresentabili durante l'ultima campagna elettorale. A cominciare dalla presidente della Commissione antimafia, Rosi Bindi, per continuare con molti esponenti del suo stesso partito, dei partiti avversari, di tanti quotidiani ed emittenti televisive che con l'ex sindaco di Salerno hanno giocato al tiro al piccione.

L'ultima assoluzione – ultima di una lunga serie -, quella del processo “Sea Park”, nel quale era accusato di concussione, truffa aggravata e associazione a delinquere, segna la fine delle sue vicende giudiziarie. E non è una sentenza di facciata. Il governatore ha rinunciato alla prescrizione. E per due volte, nel 2012 e l'altro ieri, il piemme ha reiterato la stessa richiesta ai giudici: assoluzione piena per tutti gli imputati. In pratica l'ammissione che l'inchiesta era infondata. Inchiesta che aveva pure portato a una triplice richiesta di misura cautelare in carcere, sempre per il governatore (all'epoca deputato in Parlamento).

Una vicenda che su spalle più fragili avrebbe portato alla sicura fine della carriera politica. O, come minimo, alla rinuncia di candidarsi alla carica di presidente della Regione. Soprattutto dopo che uno dei leader del suo partito (la Bindi, appunto), lo aveva definito “impresentabile”. Anzi, «l'unico impresentabile del Pd nelle liste elettorali».

Una storia emblematica e amara. Che racconta anche gli effetti perversi ai quali può condurre il giustizialismo a tutti i costi. Il pretendere le dimissioni immediate anche in luogo di un semplice avviso di garanzia. Una vicenda giudiziaria, è bene ricordarlo, che pesa su De Luca come una spada di Damocle dal lontano 2005. Undici anni per consentire al rappresentante dell'accusa la meno ovvia delle conclusioni: assolvete tutti e con formula piena perché l'inchiesta non ha dimostrato alcunché di penalmente rilevante.

Non siamo entusiasti ammiratori del presidente della Regione. Ha amministrato bene Salerno. Ma Palazzo Santa Lucia comporta ben altre difficoltà. Lo giudicheremo in base a quello che farà. Ma tutti quelli che lo hanno condannato a prescindere, beh, dovrebbero come minimo ammettere l'errore.

Ma quelle scuse – come detto - non arriveranno mai. Nè dalla Bindi, né da altri esponenti del suo partito e neppure dagli editorialisti che lo hanno impallinato in tutti questi anni, ritenendolo – sulla base di quelle accuse poi infondate – una sorta di criminale prestato alla politica.

De Luca si giudica per quello che fa o non fa. Per le promesse che mantiene. Non per le ipotesi di reato.