di Luciano Trapanese

Si sperava che sepolto politicamente Berlusconi fosse finita la politica degli annunci mirabolanti. E invece no. Da Renzi a De Luca è tutto un promettere. Tutto un faremo, cresceremo, diventeremo. L'Italia del poi. Campania compresa.

E così riparte la storia del ponte sullo Stretto. Una telenovela che va avanti da trent'anni. Proposta e riproposta da Craxi in poi. Come il ritornello di una becera canzone sanremese. La soluzione di tutti i problemi del Sud. Naturalmente una bufala. Il governatore della Campania non è da meno. «La Campania diventerà la capitale mondiale del turismo». Lo ha detto e ripetuto dal giorno del suo insediamento a Palazzo Santa Lucia. Abbiamo pensato: sarà un visionario. Ma è passato un anno. Non è cambiato nulla. O meglio: non ci risultano iniziative concrete per far crescere il settore. E poi, altra promessa – tra le tante - di De Luca: «La sanità campana diventerà dal punto di vista organizzativo l'esempio da seguire in tutta Italia». Belle parole. Ma un filino ambiziose. Decisamente troppo.

Ci accontenteremmo di una Campania capace di offrire accoglienza turistica pari almeno alle bellezze che offre e una sanità decente. Ma detta così non fa effetto. Eppure non siamo in campagna elettorale. Sarebbe importante sentire quello che si può fare. Non sfogliare l'ennesimo libro dei sogni. Del tutto simile a quel «entro un anno creeremo un milione di posti di lavoro». Stiamo ancora aspettando. Ma non c'è più tempo. Oggi le bugie si sbriciolano in fretta. E più sono grosse e peggio ricadono su chi le ha pronunciate.

Quella del ponte non è solo una bugia. E' un errore grossolano. Il Paese avrebbe bisogno di un piano Marshall per fronteggiare gli edifici a rischio sismico, il diffuso dissesto idrogeologico, la cura e il restauro dei tanti beni artistici e architettonici. Senza contare gli interventi – sempre rinviati – in difesa dell'ambiente e a tutela dei nostri mari inquinati e delle spiagge sempre più a rischio erosione.

Per non dimenticare le precarie condizioni di tanti comuni, affogati da deficit sempre più mostruosi e ormai incapaci di garantire servizi minimi, come la manutenzione delle strade o la sopravvivenza di asili pubblici.

I miliardi per il ponte potrebbero servire a questo. E creerebbero ugualmente posti di lavoro. Ma evidentemente l'effetto mediatico rispetto al famoso e fumoso ponte non è lo stesso. Senza dimenticare la gestione degli immigrati e la risoluzione di un problema che non sarà solo italiano, ma neppure può essere ignorato in attesa che se ne occupi la sempre più divisa Unione europea.

Che serva la banda larga per connettere l'Italia al mondo in modo efficace, beh, lo sappiamo da anni. E da anni spunta la catartica promessa (ribadita in questi giorni proprio da Renzi). Naturalmente mai mantenuta.

Siamo stanchi di slogan, di politica da campagna elettorale permanente, di contrapposizioni alimentate per «parlare alla pancia del Paese». Anche perché quella pancia è piena solo di promesse sempre più indigeste. E ora ci attende l'isteria pre elettorale del prossimo referendum. Un colossale accapigliamento collettivo che non farà neppure capire agli italiani le ragioni del sì o del no. Ma offrirà il solito indecoroso spettacolo degli urlatori professionisti. Pronti a inneggiare slogan contro quelli che parlano per slogan.