Avellino

 

di Andrea Fantucchio

Paolo Foti cade oppure no? Servirà un’altra votazione? Sarà il prefetto a dover scegliere? Dopo il consiglio comunale di ieri, con gli equilibri di bilancio che non sono passati, tanti cittadini avellinesi vogliono capire cosa accadrà ora. Ve lo spieghiamo, offrendovi anche un saggio di fantapolitica: una mossa con la quale il sindaco Paolo Foti potrebbe perfino riuscire, facendosi da parte, a render pan per focaccia al resto del consiglio comunale. Impedendo ad altri di candidarsi. Ma andiamo con ordine. Cercheremo di ridurre al minimo, per citare Calvino, il burocratese. (Leggi anche, "Foti, prendo la mia roba e la porto a casa")

Cosa prevede la legge?

Secondo l’articolo 141 in caso di mancata approvazione del bilancio non è previsto lo scioglimento automatico del consiglio, ma un articolato procedimento: l’organo regionale (oggi il prefetto) assegna al consiglio comunale, con notifica a tutti i consiglieri, non più di venti giorni per l’approvazione dello schema del bilancio predisposto in giunta (quello che ieri non è passato). Se trascorso questo termine non si arriverà comunque ad un’approvazione, verrà nominato un commissario e il prefetto inizierà la procedura di scioglimento del consiglio. Certo, e questo va precisato, il Prefetto potrebbe anche decidere di non concedere i venti giorni al sindaco e operare immediatamente lo scioglimento della giunta qualora non ci siano i presupposti minimi per approvare il bilancio.

Ma c’è un se: qualora il sindaco optasse per consegnare le dimissioni prima della concessione dei venti giorni da parte del prefetto, non consentirebbe di fatto l’approvazione del bilancio. A questo punto Paolo Foti potrebbe poi sollevare la questione agli organi di controllo chiedendo l’applicazione della legge Severino che prevede l’incandidabilità dei componenti che abbiano gravi colpe erariali e contabili. La corte dei conti dovrebbe realizzare dei controlli e avrebbe il compito di ravvisare tutte le eventuali colpe dei rappresentanti del consiglio comunale. Ovviamente, come detto, questa situazione sottende le dimissioni da parte del sindaco: un gesto che, stando al recente passato, non sembra così scontato nonostante il quadro politico disastroso.

Proprio in relazione alle macerie che sono rimaste dopo quest’ennesima sfiducia nei confronti del primo cittadino di Avellino, appaiono altrettanto evidenti le colpe di un partito, il pd, che divorato dalle sue correnti e dai personalismi interni, ha finito come previsto per fagocitare Foti e ciò che rimaneva della sua squadra di governo, oggi inesistente (la giunta è stata azzerata).

Uno scenario figlio di un’implosione amministrativa iniziata tempo addietro: non dimentichiamo i rimpasti di giunta operati dal sindaco, e le tante volte che ha fatto riferimento a dimissioni poi ritrattate. Ieri sera l’ultimo velo è caduto e ci è apparso il profilo di un uomo, prima che di un amministratore, lasciato inesorabilmente e vigliaccamente solo al suo destino: dal partito del quale fa parte e da quella maggioranza che non ha speso una parola in sua difesa.

All’uomo non possiamo che dare la nostra solidarietà perché Foti è solo l’ennesimo bersaglio di una politica non basata sulla rappresentanza dei cittadini ma sulla conservazione del potere ad ogni costo: una politica che si serve anche delle persone oneste, come il sindaco è, adoperandole per i propri scopi e assicurandosi che centrino risultati inaspettati: come la vittoria delle primarie del partito democratico senza gareggiare. Per poi abbandonare quei figli prediletti, quando non li ritiene più utili. Qualunque cosa accada, perciò, infierire su Foti sarebbe un gesto vigliacco.  Anche perché allo stato attuale, se non si sradica questo sistema, magari grazie all’intervento di un commissario esterno che faccia pulizia delle scorie del passato, ciò che verrà dopo questo sindaco non potrà certo essere migliore.