Avellino

“Il giudice sportivo della Lega di B sembra ufficialmente aver sdoganato il coro 'Voi siete sporchi terroni', più volte intonato dalla tifoseria veronese nei confronti di quella sannita” scriveva non più tardi dello scorso martedì, nella sezione Beneventofree del nostro portale, il collega Franco Santo. Una puntuale sottolineatura per evidenziare che di fronte all'inequivocabile episodio di discriminazione territoriale verificatosi al “Ciro Vigorito” non era stato assunto alcun provvedimento. Una lucida riflessione per raccontare una sorta di assuefazione al becero, che ieri, al “Bentegodi”, in occasione della sfida con l'Avellino, ha vissuto un nuovo ed imbarazzante capitolo. Prima del fischio d'inizio, dagli altoparlanti, la lettura della nota di rito per rimarcare le possibili sanzioni – illustrate nell'articolo 18 - in caso di violazione del comma 1 dell'articolo 11 del codice della giustizia sportiva. Che, per inciso, recita: “Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”. Più chiaro di così, si muore.

Ma il tempo di spegnerli quegli altoparlanti e via al ritornello preferito: “Voi siete sporchi terroni”. Reiterato per tutta la gara, in un turbinio di esempi negativi. Il rispetto per il prossimo, la cultura sociale e sportiva, concetti astrattissimi. Agghiacciante vedere alcuni bambini ripetere “scimmia”, con una massa tristemente numerosa, alla lettura da parte dello speaker del nome di taluni calciatori avversari. Ecco gli insegnamenti per il nostro futuro. Mortificante, a pochi giorni dal disastro di proporzioni enormi che ha flagellato il Centro Italia, ricordato con il retorico - a questo punto - minuto di silenzio, udire quel “terremotati” che è davvero la più squallida delle offese. Come se uno il terremoto se lo andasse a cercare. Come se fosse un qualcosa di cui vergognarsi se la terra ti trema sotto i piedi e la natura ti regala la morte. “Noi siamo terremotati” hanno risposto i tifosi biancoverdi mettendo a nudo l'idiozia di uno sfottò, che sfottò non è. La rivalità fa parte del gioco e le repliche non proprio oxfordiane sono arrivate pure dal settore ospiti, sia chiaro. Ma nulla di così vile. Il punto è uno. Non c'è giustizia senza la certezza della pena. E finché gli stadi resteranno una zona franca, dove tutto è concesso perché resta impunito, non ci sarà progresso. Il bivio è chiaro: o si continua a giocare alle tre scimmiette – non vedo, non sento e non parlo – ed allora anche il prossimo referto non contemplerà nulla di quello che tutti hanno udito - così come i fischi nel minuto di raccoglimento per il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi, sovrastati dagli applausi dalla parte sana del tifo e della splendida città di Verona - o si prendono provvedimenti per spiegare che l'Italia calcistica, la Serie B, per definizione “campionato degli italiani”, per citare ancora una volta il collega Santo, non tollera questo tipo di comportamenti. E li persegue. Altrimenti si abbia almeno il buon gusto di mettere una bella canzone a coprire i cori anziché un messaggio pregno di sorda ipocrisia; avanti così e viva l'Italia dei terroni e dei polentoni. L'Italia che, finché la palla rotola, tutto va bene.

Marco Festa