Avellino

 

di Andrea Fantucchio

Alcuni rappresentanti di Forza Nuova, affiancati da esponenti di lotta Studentesca, nella notte di ieri hanno affisso nei pressi del convento di San Generoso ad Avellino, dove dovrebbero essere ospitati nei prossimi mesi trenta immigrati, uno striscione di protesta: ”Basta immigrazione, fermiamo l'invasione! Prima gli italiani”

“In questo quartiere – scrivono nella loro nota stampa - già si vive un contesto di forte disagio sociale dovuto alla mancanza di lavoro e alla presenza di microcriminalità, come sostenuto anche dal parroco del Rione, Don Emilio, che giudica questa soluzione, “una pessima scelta”. Ormai ci troviamo di fronte ad una vera e propria invasione, che i residenti dei quartieri o paesi dove sono alloggiati i finti profughi non sono più disposti a tollerare; le istituzioni, con in testa il Signor Prefetto, il quale, puntualmente minaccia con fare dittatoriale i sindaci che non vogliono mettere a disposizioni strutture nei loro territori di volerle requisire per far posto a queste orde di invasori che giornalmente sbarcano sulle nostre coste.

Allibiti da questi comportamenti così spudoratamente anti-italiani viene da chiederci, Ma agli italiani chi ci pensa? Siamo forse da considerare popolo di serie B? O forse perché l’Unione Europea non finanzia anche per noi i famosi 35 denari per mettere in atto il tradimento della propria Patria? Ai posteri, o meglio, a ciò che resta del popolo italiano l’ardua sentenza”.

Parole che rischiano di aumentare l'acredine dei cittadini verso gli immigrati, non focalizzandosi sulle soluzioni effettive dell'emergenza sociale che si sta vivendo, e ignorando una considerazione imprescindibile: l'immigrazione al momento non si può fermare. Dire il contrario, barricandosi dietro la favoletta dell' "uomo nero", vuol dire alimentare un clima di disinformazione e paura che può solo avere un effetto boomerang sulla popolazione facendo l'interesse di chi sventola questa clava.

Ogni mese, infatti, dalla Libia continueranno a partire barconi carichi d'immigrati e non basterebbero tutti i muri del mondo o presunte “soluzioni finali” a fermarli. Questo perché gli equilibri politici internazionali sono chiari: l' Italia appartiene all'Europa e alla scelte dell'Europa volente o nolente deve attenersi. Quindi con gli immigrati dovrà continuare a confrontarsi.

Torniamo in Irpinia.

Uno dei veri problemi è davvero l'atteggiamento del Prefetto. Ma non per le sue minacce di requisire gli edifici comunali, quanto per l'eccessivo immobilismo di fronte all'importanza di creare una rete istituzionale in grado di gestire il fenomeno integrazione. E' stato molle e non si è imposto sui sindaci. Non li ha obbligati a prender tutti parte alle riunioni minacciando di segnalare l'assenza al governo centrale che poteva intervenire con eventuali sanzioni, né ha imposto loro di stilare un piano con scadenza nel quale indicare il numero di immigrati che poteva ospitare ogni comune, gli edifici idonei a recepire il flusso, e le cooperative ritenute affidabili.

Ha invece lasciato tutto nelle mani dei primi cittadini, affidandosi a loro buon cuore. Una scelta, stando a quello che abbiamo visto finora, per niente saggia.

Le conseguenze sono state: pochi comuni che hanno risposto presente e si sono ritrovati in pochi mesi con un numero eccessivo di immigrati, cooperative spesso scelte con gare a ribasso che hanno ingrossato esclusivamente il proprio portafoglio con i pocket money destinati agli immigrati offrendo loro servizi disumani (pensiamo alla chiusura di tante strutture), isolamento dei gruppi di ragazzi immigrati all'interno delle comunità ospitanti. A tanti di questi giovani dopo mesi non è stata insegnata la lingua, non si sono offerte possibilità di inserimento nelle realtà locali, per esempio quelle associative, aumentando esponenzialmente il sentimento di distanza con le comunità ospitanti, che li vedono ancora come i neri cattivi che se ne vanno a zonzo davanti ai bar a chiedere l'elemosina, e prendendo per altro “più soldi di tanti italiani”.

Sembra impossibile, eppure c'è chi ancora crede a questa favoletta dei trentacinque euro dati ad ognuno di loro ogni giorno. Ma siamo seri. Si parla, dati Eurostat, di circa cinque milioni di extracomunitari in Italia nel solo 2015. Immaginate se fossero davvero finanziati, come si dice, trenta euro al giorno per la metà di extracomunitari e quindi 2 milioni e mezzo: avremmo 87 milioni di euro e mezzo al giorno e 31937500000 di euro in un anno. Se avete difficoltà a leggerlo, parliamo di bilioni di euro. Immaginare che siano stimati tutti questi soldi ci sembra pura utopia che neanche la propaganda politica più becera potrebbe pensare di sfruttare.

A questa cattiva informazione se ne aggiunge un'altra: i soldi che sarebbero sottratti agli italiani. Non centrando anche qui il vero problema: mancano dei fondi assistenziali adeguati a quelle fasce sociali che non vanno lasciate sole. Pensiamo alle famiglie dove tutti i membri sono rimasti disoccupati. Ma questo non è certo problema di oggi: non è stato l'arrivo degli immigrati a sottrarre il denaro agli italiani indigenti, la verità è che da tempo quel denaro non esiste più. Soldi che non vanno confusi con i fondi destinati agli immigrati, forniti dall'Ue.

Oggi uno dei primi mali di questo Stato è proprio l'incapacità di andare incontro alle emergenze sociali reali: come la povertà. Non intesa soltanto come l'impossibilità di avere accesso al pasto caldo o a un'abitazione, ma anche con il dolore di tante famiglie che non possono offrire ai propri figli i servizi minimi che la dignità di essere umano impone.

Non è però con la guerra fra poveri, immigrati contro italiani, che si risolve il problema. Anzi, con questo polverone si distoglie l'attenzione dal vero colpevole: una politica incapace di incrociare le esigenze primarie dei cittadini. Politica che in questo marasma rischia di uscire per l'ennesima volta indenne.

Ma la disinformazione è da ricercare anche nell'atteggiamento avuto finora da chi ha ospitato gli immigrati. Rendendo di fatto le strutture di accoglienza, un'entità distaccata dalla comunità che spesso le vive come un presidio di invasione.  Nessuno sa che accade lì dentro, in che modo vengono alloggiati i ragazzi ospitati, che servizi medici esistenziali vengono donati loro. Insomma c'è chi, spesso le cooperative, ha contribuito ad alimentare un clima di diffidenza, perché non si rispettavano le norme d'integrazione previste e non si aveva quindi interesse a divulgare il proprio lavoro.

Ora con il convento di San Generoso si sta offrendo un'opportunità, non solo ad Avellino, ma alla provincia tutta: avremo la prima comunità d'accoglienza gestita dal comune senza passare per terzi, e quindi le cooperative. Lo stesso comune ha anticipato, prima della conferenza di venerdì prossimo, che tutte le attività svolte dai ragazzi che saranno ospitati, coinvolgeranno la cittadinanza e saranno fatte alla luce del sole. Insomma, niente più immigrati abbandonati a se stessi che se ne vanno a zonzo a chiedere elemosina qui e lì. Un progetto che, se rispetterà le premesse, potrebbe creare un precedente positivo, mostrando l'altra faccia dell'integrazione, quell'accoglienza che non alimenta la speculazione e la disinformazione strumentale un tanto al chilo. Questo sì, il vero male da estirpare.