Avellino

 

di Andrea Fantucchio

“Ognuno può dire ciò che vuole. Certo, mi sembra strano essere definito urlatore da chi ha trascorso l’ultimo anno a gridare, in ogni sede, contro il sindaco Paolo Foti. Ricordando a tutti l’incapacità mostrata da quest’amministrazione e la necessità di farla cadere. Poi, quando l’occasione si è presentata, quel qualcuno evidentemente ha fatto altri calcoli”. Giovanni d’Ercole, leader del centro destra, non resta in silenzio, di fronte all’attacco sferrato qualche giorno fa dal consigliere Dino Preziosi, che aveva apostrofato implicitamente il rappresentante di Primavera Irpina, con l’epiteto di urlatore. Aggiungendo, che proprio questo modo di fare era la sintesi delle motivazioni che avevano impedito al centrodestra di trionfare negli ultimi quarant’anni ad Avellino

I: D’Ercole, le parole di Preziosi lasciano ben pochi dubbi: il riferimento delle opposizioni sembra bocciare il suo modo di fare. Reputando sterili le critiche che provengono dalla sua rappresentanza, ed implicitamente avallando un modo di far politica, per così dire, più compassato e attendista. Intende rispondere?

“Non credo ci sia tanto da dire. Probabilmente Preziosi è scosso dalla situazione che sta vivendo: quel patto proposto al sindaco non convince nessuno e tutti lo stanno descrivendo per quello che è: un accordo assolutamente personalistico. Una situazione che probabilmente influisce anche sulle sue dichiarazioni. Politicamente, è un modo di operare che non mi appartiene. Io in passato ho ritirato la mia candidatura preferendo non competere, perché non volevo piegarmi ad alcun accordo di potere. Non si può dire quindi che abbia perso. Mentre mi sembra che Preziosi la sua occasione l’abbia avuta e che sia uscito sconfitto dal confronto con Foti. Inoltre, non credo che il centro destra abbia perso perché ha urlato troppo in questi anni. Tutt’al più non l’ha fatto abbastanza e nel modo corretto. Dimenticandosi di farsi sentire quando questa città iniziava il suo declino. Poi culminato nella situazione disastrata che oggi commentiamo e che, considerato proprio quel patto dei cento giorni, sembra destinata a continuare”

I: Una lunga agonia per la quale però s’era palesata una via d’uscita: lo scorso consiglio comunale appariva infatti come il momento propizio per le opposizioni di sferrare la spallata decisiva a quest’amministrazione mandandola a casa. Poi Preziosi ha spiazzato tutti proponendo al primo cittadino l’ancora dei cento giorni: un accordo che molto probabilmente non si limiterà ad arrivare fino in primavera.

"Tolga il probabilmente. Come ha già detto lei, se Dino Preziosi avesse davvero avuto intenzione di mandare a casa il sindaco, lo avrebbe fatto nello scorso consiglio comunale. E, invece, ha deciso di operare altre valutazioni. Per carità legittime, ma che cozzano col mio modo di intendere la politica. Diciamo che Dino Preziosi, come novello Attila, è arrivato davanti a Roma e poi l’ha lasciata lì dov’era. Io Roma avrei provato a conquistarla. E invece, Preziosi, non solo ha deciso diversamente. Ma sembra anche intenzionato a vestire i panni di un papa straniero, il papa del Pd, per perseguire le sue ambizioni di sindaco".

I: D’Ercole, lasciamo da parte le metafore storiche. E torniamo al presente: la lettura che lei ha dato del patto fra opposizioni e sindaco è molto netto e lascia adito a pochi dubbi sul suo parere in proposito. Almeno per quanto riguarda i motivi che avrebbero spinto Preziosi a compiere il suo gesto. E di  Foti che dice: cosa spinge il primo cittadino a non dimettersi nonostante un bollettino medico dei danni che oggi recita: un programma di tre anni mandato in soffitta a causa dei fallimenti riscontrati e venticinque assessori cambiati dal 2013?

"Spirito di sopravvivenza, se si può dire così. Non ci sono altre spiegazioni, pur di sopravvivere e dare continuità a quest’esperienza disastrosa il sindaco è pronto a tutto. Solo che si è dimenticato della città. O meglio, delle cose che davvero contano nella città: parla di scatole vuote, contenitori inerti, ma non cita i giovani che stanno andando via. Il commercio che sta morendo e richiede un intervento immediato. La cultura che ad Avellino non esiste. Insomma, il sindaco sembra non sapere quello di cui la città ha bisogno nell’immediato".

I: Un discreto paradosso: quello di un accordo, il patto dei cento giorni, nato con le intenzioni di incidere nel breve periodo, che però non sembra calato nel presente ma animato solo da idee e progetti legati al futuro: sia per Preziosi che per Foti. E invece il centro destra? Che avvenire vede ad Avellino per il partito del quale ha sempre fatto parte?

"Parlando sempre della mia esperienza, ora con Primavera Irpina abbiamo tracciato una linea. Ma  credo che in un simile momento storico più che sventolare insegne politiche è necessario incrociare i bisogni reali della città. Scendere fra la gente e capire quello di cui ha bisogno, ipotizzando una scelta civica che non faccia capo a nessun campanile partitico, e che intenda rispondere soltanto alle reali esigenze della città: come le dicevo, parlo di bisogni concreti. Troppo spesso i personalismi hanno finito per nuocere ad Avellino. Ora, però, è ancora troppo presto per parlare di futuro in questi termini. Ma una cosa posso dirgliela con certezza fin da subito: se scenderò in campo lo farò sempre a modo mio, senza scendere a compromessi con nessuno. Per me la coerenza viene prima di tutto e non va mai tradita”.

Grazie D’Ercole

"A lei"