di Simonetta Ieppariello

 

Dal 28 luglio, da quando il sindaco conservatore di Cannes David Lisnard ha emesso il suo decreto sulle misure dei costumi da bagno, le interdizioni di burkini si sono estesi su molti litorali: in Costa Azzurra, oltre a Cannes, il bagno è ormai consentito solo se debitamente scoperti.

Fioccano i divieti e le polemiche. Fioccano i dibattiti di società, gli scontri di civiltà, i ricorsi in tribunale e fioccano anche le prime multe sul burkini ormai fuorilegge su alcune spiagge di Francia. Le prime contravvenzioni sono state elevate sotto gli ombrelloni di Cannes, tra sabbia e bagnanti che si sono interrogati sulla correttezza o meno di un provvedimento simile. Il primo municipio ad aver emesso un’ordinanza contro il costume da bagno islamico è stato quello del festival del cinema più famoso del mondo. Insomma, la stessa dinamica nell’elevare la sanzione è stata controversa. Su una decina di donne colte in flagranza di malcostume, alcune si sono letteralmente opposte all’invito a lasciare la spiaggia o di mettersi in regola scoprendo braccia, gambe e capelli e dovranno per questo pagare una multa da 38 euro.

Ma la domanda sorge spontanea sul reale concetto di libertà. Non è forse anche libertà quella di indossare un costume-muta che nessuno spazio del corpo di una donna lascia vedere?  Per questo Rachid Nekkaz, imprenditore, musulmano, di Cannes si è però già offerto di saldare lui tutte le ammende, in nome della libertà delle donne. Tutte le donne. Anche quelle con il burkini.

I dispositivi contro i costumi-muta sono scattati anche a Mandelieu-La Napoule, Villeneuve-Loubet, Cap-d’Ail. A Nord vietato coprirsi in spiaggia anche al Touquet. 

Le polemiche si sono moltiplicate di pari passo coni divieti, si sono estese oltre confine, in Spagna, Germania e anche in Italia.

Nessun dubbio per il premier socialista Manuel Valls: il costume da bagno super-intero che rispetta i precetti islamici dell’Awra sulle parti del corpo da coprire è semplicemente «incompatibile con i valori della République e davanti alle provocazioni la République deve difendersi». 

Valls esprime dunque il suo «sostegno» ai sindaci che hanno deciso di firmare ordinanze anti-burkini, ha detto di capirli, perché «in questo periodo di tensione hanno voluto cercare soluzioni ed evitare problemi di ordine pubblico».

Il dubbio e la domanda sono scivolati fino in Italia, dove qualche burkini sarebbe stato avvistato a Desenzano e in una piscina di Lodi, senza però grosse conseguenze. Se il ministro dell’Interno Alfano da un lato ha prudentemente sostenuto che un divieto per legge del bikini è inopportuno perché potrebbe avere l’aria di una provocazione in questo periodo di violenze e attentati, la Lega, con Matteo Salvini in testa, chiede la linea dura e tolleranza zero con controlli a tappeto su tutte le spiagge italiane e chiama l’adunata dei sindaci. «È un simbolo di arroganza, di sopraffazione e violenza nei confronti delle donne» dice il Carroccio.

Ma Salvini punta ad altro. Il progetto è complessivo con una legge quadro che oltre al divieto del burkini e del velo integrale, contempli anche un albo degli Imam, un registro delle moschee e il reato di apologia della sharia. Però si tratta anche, ha sottolineato Alfano, "di un fatto pratico. Non c'è violazione di legge. Io ho grande rispetto per i francesi, ma finora l'Italia è stata un paese sicuro anche perché la comunità nazionale non ha mai avuto comportamenti che hanno fatto pensare ad una crisi di rigetto per i musulmani".

Eppure questo contestato burkini a guardarlo quasi lo si riconosce.

Fino al diciottesimo secolo, nuotare o fare il bagno all’aperto era decisamente scoraggiato nell’occidente cristiano, motivo per cui la vera storia dei costumi da bagno inizia più tardi. I primi abiti da bagno nel diciottesimo secolo erano ampi e lunghi fino alle caviglie, nonchè con le maniche lunghe fino ai polsi. Insomma un costume da bagno integrale. Erano in lana o flanella e non mostravano le forme del corpo. Nel 1907 la nuotatrice australiana Annette Kellerman (in foto nel 1909) fu arrestata a Boston per aver indossato un abito che pur coprendola dalla gola ai piedi, lasciava libere le braccia e mostrava le forme. Inaccettabile. Perseguibile per quei tempi. 

Eppure proprio quel tipo di costume da bagno diventò di moda negli anni successivi e fu usato da molte donne europee negli Anni ’10. Per questo le linee diventarono più fantasiose e il design acquisì qualche elemento decorativo in più e i colli cominciarono a scoprirsi. Insomma, pezzo dopo pezzo il burkini di occidente inziò a ridursi, stringersi e sgambarsi. Fu solo nel decennio successivo che cominciarono a scoprirsi parzialmente la parte bassa delle gambe e le spalle. 

Nessuno ancora osava mostrare la pancia. Sarebbe stato davvero troppo. Ma intanto le polemiche non passano. 

Il presidente dell'Unione comunità islamiche e imam di Firenze, Izzedin Elzir, ha pubblicato sulla sua pagina facebook una foto di sette suore, in tonaca e velo, che giocano sulla spiaggia. Senza alcun commento ma con un chiaro riferimento al caso. Neanche a dirlo sono scattate segnalazioni e accuse. E, questa mattina, il suo profilo è stato bloccato da Facebook, a causa delle segnalazioni fatte dagli utenti risultando irraggiungibile. Una sospensione che ha colto di sprovvista lo stesso Imam: "Sono sorpreso - ha detto Elzir - non è comprensibile. Mi hanno chiesto di verificare il mio account inviando un documento". E Elzir così ha fatto. L'account, alle 18, è stato così riattivato.

Il post, era davvero prevedibile, ha sollecitato una quantità di reazioni riaccendendo il dibattito sull'opportunità o meno di vietare il costume da bagno coprente che le donne islamiche usano per andare in spiaggia.

Una cosa è certa: Divieti del genere, per non diventare discriminatori, devono essere formulati in regole generali e astratte: l’ordinanza del sindaco di Cannes, infatti, vietava d’indossare sulle spiagge – non il burkini, ma – “indumenti che ostentino un’appartenenza religiosa”. Bene: ma così si finisce per vietare non solo il sari alle indiane, ma anche il saio alle suore che accompagnano in spiaggia i bambini delle colonie. Pensateci. Perché il saio delle suore va bene, mentre il burkini delle musulmane no?