Fisciano

"Caro Rettore, servono i fatti non bastano le belle parole". E' netta la presa di posizione dell'associazione universitaria Link Fisciano. "Nei giorni scorsi il rettore Aurelio Tomasetti è stato ospite della trasmissione 'Uno Mattina' per parlare dell’ateneo di Salerno e del sistema università in generale. Come Link Fisciano, si legge in una nota, non possiamo tacere di fronte alle belle parole da pubblicitario del rettore e rispondiamo a tono con una lettera. Caro rettore, mettere al centro lo studente significa tutelare e abilitare la sua figura, rispettarla e garantirgli la fruizione di uno dei diritti necessari e garantiti dalla nostra costituzione, ma soprattutto porre al centro la sua figura in quanto tale senza classificazioni. Perché studente non è colui che ben si presta alla vostre classifiche derivate da metodi di valutazione alquanto obsoleti e squilibrati, non è studente quello meritevole di un posto alle vostre tavole, ma studente è colui che ha sete di sapere".

"Non ci sembra che le manovre apportate sugli studenti fuori corso vadano in questo senso. Anzi, ci troviamo di fronte ad una divisione: una divisione che deriva da divisione, uno squilibrio che deriva da squilibrio. Perché vero è come dice lei, caro rettore, che le università italiane sono de-finanziate ma altrettanto vero è che, in un ottica di de-finanziamento costante e perpetuo, le classifiche che lei idolatra producono una competizione tra atenei insensata che lascia indietro grossi pezzi del mondo accademico e influisce pesantemente sulla fruizione del diritto allo studio per un'ampia fascia di giovani diplomati che vivono situazioni di disagio economico e non solo.
Caro rettore non è positivo il dato che lei tanto osanna della prima università del sud perché, inserito in un contesto nazionale, questo ci rende chiaro il fatto che siamo indietro rispetto ai grandi atenei del centro-nord. Siamo indietro perché schiavi di questa logica di mercato, in questa costante corsa alla competizione che, a Salerno, prende corpo nelle manovre a favore "dei meritevoli" e a sfavore dei "fuoricorsi" (categorie su categorie costrette a rincorrersi perché, ormai, i percorsi formativi offerti sono servizi e non più diritti). E questa competizione ci costringe a impoverire la didattica, a offrire un’offerta formativa sempre più standardizzata e anacronistica. Una continua battaglia contro i mulini a vento della quale siamo consapevoli e dalla quale non vogliamo distoglierci per guardare a dinamiche che non hanno nulla a che vedere con l’università come luogo di aggregazione, costruzione di progresso, connessione di competenze e conoscenza, cultura. Caro rettore, dite ai ragazzi di inseguire le loro passioni e attitudini, ma nel frattempo stiamo per chiudere corsi di laurea, cancellando il sogno e la passione di tanti studenti (loro non hanno diritto di essere al centro perché poco funzionali alle classifiche anvur?). Suggerite di inseguire le passioni ma, nel frattempo, moltissimi corsi di laurea afferenti al polo umanistico (come da voi sottolineato è poco appetibile al mercato del lavoro) stanno per essere posti sotto il veto del numero chiuso perché gli studenti che frequentano i già citati corsi di laurea pesano sui numeri di cui tanto vi fidate".

"Caro rettore ci siamo omologati e forse anche bene ad un sistema sbagliato che alimenta le logiche competitive e non favorisce la diffusione dei saperi. Quella che abbiamo costruito è università sempre più esclusiva ed escludente, un’ università sempre più officina di automi specializzati e sempre meno officina sociale e culturale.
Quelle parole dette in diretta nazionale ci hanno lasciato perplessi rispetto alla sua capacità d’analisi e ai dati concreti e non che lei possiede. Non basta l’apparenza del campus all’americana, né le operazioni di marketing rispetto agli studenti meritevoli a fermare il nostro spirito critico. Non bastano le belle parole a nascondere aspetti del nostro ateneo che le fa comodo sommergere con la retorica. C’è un’altra Unisa di cui lei non ha parlato o ha toccato con superficialità. Ed è quella l’università di cui vogliamo parlare per migliorarla. L’università dei ricercatori e dottorandi in mobilitazione che si battono contro un sistema valutativo che impoverisce la ricerca e suddivide i fondi creando corsi di laurea di serie e atenei di serie A e serie B, l’università che pone al centro lo studente come individuo partecipe al suo miglioramento e come elemento di crescita personale e collettiva, l’università che non garantisce a tutti e tutte l’accesso al diritto allo studio (perché non ha parlato del fatto che la regione Campania è l’unica a non aver alzato le soglie Isee e Ispe e a non garantire un finanziamento utile a coprire tutte le richieste per le borse di studio da parte dei meritevoli e bisognosi? Non è forse suo compito in quanto rettore dell’Università degli studi di Salerno) creando una figura obsoleta qual è quella dell’idoneo non beneficiario, l’ università che, da un lato, garantisce la gratuità del diritto alla mobilità per quasi tutti gli studenti (e quel “quasi” è abbastanza largo visto che non copre le corse dei privati che moltissimi studenti sono costretti ad utilizzare per la mancanza del servizio pubblico), ma che vede sempre meno corse e sempre più disfunzioni del medesimo servizio, l’università che crea sempre più ostacoli nell’accesso all’insegnamento e alla pratica forense, l’università che non garantisce dignità e diritti ai lavoratori grazie ad operazioni politiche effettuate tramite la 'fondazione Unisa'”.

"Questa è l’università di cui ci interessa parlare e discutere. Perché anche a noi, come a tutti, interessa migliorare l’università degli studi di Salerno ed evitare dinamiche di esclusione rispetto a diritti e possibilità.
Sull’università degli studi di Salerno, così come sul sistema universitario nazionale, sta piovendo (un po’ come a mensa e nelle biblioteche del nostro ateneo). Oggi non basta aprire l’ombrello e guardare altrove, ma aggiustare per fare in modo che non ci piova più addosso.
Caro rettore dobbiamo fare di più perché la cultura è vita e solo la cultura può trainarci fuori da queste logiche imposte da un sistema economico che crea diseguaglianze e ostacoli per l’accesso ai diritti.
E uscire da quest’empasse significa creare una reale discussione tra studenti, docenti, ricercatori, dottorandi e governance d’ateneo. Tutti insieme per costruire un modello d’università che ponga al centro la cultura e i diritti. Noi ci riproveremo, come abbiamo sempre fatto, sin dal prossimo anno accademico. Consapevoli della necessità di cambiare rotta rispetto all’attuale sistema universitario e di ricerca.
Ci organizzeremo, ci agiteremo, studieremo. Non per noi, ma per tutti".

G.A.