di Luciano Trapanese

Una stagione trionfale. La seconda consecutiva. Il boom del turismo in Campania (e anche in molte altre zone del Paese), inizia ad avere numeri importanti. Tra le province di Napoli e Salerno il dato positivo sfiora quasi i due miliardi di euro. Una cifra monstre. Con percentuali positive a due cifre. Stagioni esaltanti, che fanno seguito a quelle della crisi profonda, quasi del tracollo. Almeno in alcune zone.

Certo, bisogna avere la capacità di ammettere che la congiuntura internazionale ha facilitato questa esplosione. Egitto, Turchia e Tunisia non sono più mete consigliabili. La Costa Azzura paga l'allarme terrorismo, e la tragedia di Nizza ha peggiorato la situazione. Molti stanno alla larga della coste africane, luoghi esotici, ma non più sicuri. In questo contesto, Italia, Spagna, Grecia e in misura minore la Croazia, si contendono il primato di regine del Mediterraneo. Con il Sud e la Campania in particolare a trainare la ripresa della Penisola.

Sono tornati gli statunitensi (Napoli e Costiera Amalfitana in particolare), i tedeschi, gli inglesi. E insieme a loro i nuovi ricchi. I russi e i cinesi – già presenti da qualche anno – e la new entry, gli indiani (che affollano gli alberghi più esclusivi di Capri, Positano e Amalfi).

Ora ok, tutti si sfregano le mani. Il business è ripreso, e gli affari sono d'oro. Ma è proprio questo il momento di investire davvero sul turismo e sulla cultura del turismo. Altrimenti, il boom rischia di essere episodico. Legato esclusivamente al contesto internazionale. E non alla reale capacità attrattiva delle nostre mete.

Puntare – come troppo spesso è accaduto – solo e soltanto sulle bellezze e la ricchezza storica del territorio, non basta. Non può bastare. I turisti si aspettano anche altro. Accoglienza adeguata, strutture e infrastrutture, collegamenti, uffici turistici in grado di orientarli, prezzi non gonfiati al limite della truffa. E non solo. Serve un vero management esperto in gestione di flussi turistici, una conoscenza diffusa – almeno nelle strutture alberghiere e nei tourist office – delle lingue. Marketing territoriale spalmato su tutto l'anno. Sicurezza (non si possono sentire i casi dei turisti attesi al varco e scippati a Napoli). E una difesa strenua, collettiva, senza cedimenti dell'ambiente. Altrimenti il rischio è grande. E il successo di questa stagioni, potrebbe tramutarsi in un fuoco fatuo.

Ora – ad esempio - , in quest'anno di boom, il mare della Campania è messo davvero male. Escluse le consuete bandiere azzurre cilentane (Paestum in testa), il resto è ai limiti del sostenibile. Per quale motivo un turista deve spendere un bel po' di quattrini per una settimana in Costiera e, dopo aver ammirato le inenarrabili bellezze del posto, tuffarsi in un mare ai limiti della balneazione (depuratori fuori uso o sequestrati)? Perché costringerli a pensare: la prossima volta spendiamo meno e andiamo a Mykonos, dove i turisti sono sacri, il mare è splendido e nonostante l'esclusività del luogo i prezzi sono accessibili?

C'è tanto da fare. Subito. Non si può perdere questa occasione imprevista. La Penisola sembrava avviata verso un inesorabile declino. Il terrorismo – è un triste, ma inevitabile paradosso – ha rimesso l'Italia al centro dei desideri di viaggio internazionali. I riflettori sono tutti qui, di nuovo.

L'errore più grave sarebbe quello di baloccarsi con i risultati ottenuti. Vivendo alla giornata, nella semplice speranza che il miracolo si rinnovi. O peggio, assumersi meriti che non ci sono (questo secondo aspetto riguarda politici e istituzioni), senza però avere una reale strategia sul futuro.

De Luca ha manifestato idee a dir poco ambiziose sul turismo in Campania. Ha parlato di “capitale mondiale” del settore. Bene, gli diamo credito. Ma è necessario investire e crescere. L'unico modo per imporre e per sempre il brand Campania nel mondo. A partire dal bene più prezioso, il mare.

Un primo punto è stato già proposto in consiglio regionale. La creazione di una sola Agenzia campana del turismo, che unisca tutte quelle parcellizzate sul territorio. Poteva essere una base di partenza per studiare e realizzare strategie coordinate per l'intero settore. E invece, battaglia campale a Palazzo Santa Lucia. Motivo? I soliti, beceri, distruttivi, localismi.