La figlia del comandante dei saraceni scese per prima dal vascello. E, dopo qualche passo, lasciò cadere il velo azzurro che le copriva il viso. Tutti i presenti ammutolirono per la meraviglia. Il suo volto era verde come lo smeraldo, e risplendeva al sole. I pescatori e i contadini di Agropoli, che un miracolo simile non l'avevano mai visto, ribattezzarono la ragazza, “regina verde”. In tanti si recavano al cospetto del comandante dei mori per chiedere la mano della figlia, ma la ragazza li rifiutava tutti. Fino a quando, un giorno, passeggiando per Trentova, rimase colpita da un pescatore che stava ritirando le sue reti.
Osservò per diverse minuti quelle mani callose e arse dal sole, mentre sapientemente districavano i nodi della rete. E per tanto tempo si perse in quel viso, nel quale il mare stesso sembrava aver inciso una bellezza profonda e misteriosa.
Fra i due la passione esplose travolgente. Ogni settimana, la regina verde, salutava dall'alta rupe della città il suo pescatore che si allontanava in mare aperto. Finché, un terribile giorno, il ragazzo non fece ritorno. Una tempesta aveva distrutto la nave sulla quale viaggiava, e lui era annegato. La regina verde lo attese inutilmente per giorni, fino a quando, capendo che non avrebbe fatto ritorno, si gettò dalla rupe. Gli dei, incantati da un amore così sincero, la trasformarono in una ninfa.
I pescatori di Agropoli dicono che la regina verde abiti ancora in una grotta sottomarina. E nelle notti di tempesta si possono udire le sue urla disperate, mentre cerca l'amore rapito per sempre dal mare.
Questa è la prima delle tre storie dedicate all'amore senza tempo con le quale apriamo il quarto appuntamento della nostra rubrica settimanale dedicata alle leggende campane. Nelle precedenti puntate abbiamo parlato di streghe, lupi mannari, e di luoghi infestati dai fantasmi. Buona lettura.
STORIA 2
Ci fu un principe che col padre non andava proprio d'accordo. Era indisciplinato e arrogante, al punto che il sovrano decise di bandirlo dal regno. Enrico VII non riuscì mai a regnare sul Sacro Romano Impero e fu costretto, fin dalla giovane età, ad essere relegato nelle fortezze dell'Italia meridionale.
Vagò di castello in castello, senza mai poter fare ritorno a casa. Inutili furono i suoi tentativi di chiedere perdono al padre Federico II. Il giovane passava i suoi giorni cavalcando, sorvegliato dalle guardie reali, e leggendo poemi epici e d'amore. L'unica consolazione era la moglie, Margherita d'Austria, che lo amava profondamente, e grazie alle sue attenzioni riusciva a distoglierlo dai dolori di quella prigionia dorata. Margherita gli stette vicino anche quando Enrico si ammalò di lebbra. Ma un giorno, mentre erano in Calabria, il sovrano si allontanò per una battuta di caccia. Enrico precipitò in un burrone e morì.
Margherita, però, non si rassegnava all'idea di averlo perso. E lasciò che il dolore la consumasse. Ma nemmeno la morte riuscì a cancellare l'amore che legava la coppia. Il fantasma di Margherita, infatti, continuò a seguire quello di Federico per l'eternità come già aveva fatto in vita. Si dice che spesso, lo spirito che è conosciuto come la dama bianca, torni in una delle fortezze preferite dalla coppia, Rocca San Felice in Irpinia.
STORIA 3
Partenope, Leucosia e Ligeia, era tre sirene bellissime, figlie della Musa della Tragedia Melpomene e del Fiume Archeoo, il corso d'acqua più importante della Grecia. Le tre sorelle erano creature dotate di fascino irresistibile, ma su di loro pendeva una terribile maledizione: l'uomo che le avesse rifiutate, le avrebbe condannate a morire.
Tanti furono i marinai che, ascoltata la voce angelica delle tre sirene, si gettavano in mare bramosi di raggiungerle, e non facevano più ritorno. La corrente li trasportava infatti contro gli scogli.
L'eroe greco Ulisse, che era stato avvertito dalla maga Circe sulla pericolosità delle sirene, tappò le orecchie dei compagni con la cera e si fece legare all'albero maestro della nave. Quando le tre sorelle iniziarono a cantare, nessuno si tuffò in mare. Partenope, Leucosia e Ligeia, folli di disperazione, si lasciarono morire. Leucosia presso capo Licosa nelle vicinanze di Paestum, Ligeia si spinse nelle acque calabresi vicino Bruzio, mentre Partenope fu trascinata dalla corrente a Megaride, nel Golfo di Napoli.
Qui il corpo sinuoso della fanciulla fu tramutato dagli Dei nello splendido panorama che si può ammirare nel Golfo di Napoli, città detta nell'antichità proprio Partenope, per ricordare la splendida sirena.
Andrea Fantucchio