Volturara Irpina

di Luciano Trapanese

Quanti di voi hanno immaginato, rovistando nella soffitta dei nonni, di trovare un'opera d'arte? Una Madonna del '700, o – meglio ancora – un dipinto di Picasso o Modigliani (andava bene anche uno schizzo), finito per chissà quale strano giro del destino nelle mani dei vostri avi? Molti supponiamo. E noi tra questi.

Ebbene, c'è qualcuno che davvero ha trovato un tesoro tra cartacce, foto ingiallite e vecchi mobili.

Un ex poliziotto di Volturara Irpina, Raffaele De Feo. A digiuno d'arte, non esattamente un esperto, eppure, quando si è trovato tra le mani quel vecchio quadro che i suoi genitori avevano portato dalla Svizzera, non ha avuto dubbi. O meglio, si è insinuato in lui il sospetto che l'autore di quel dipinto dovesse essere un autore importante. Il quadro raffigurava il mostro di Lochness incantato da un suonatore di flauto. Un'opera fortemente simbolica, dalle forme sinuose, quasi ipnotiche. Ed era anche firmata: Escher. Beh, non è Picasso, ma Maurits Cornielus Escher, enigmatico incisore olandese nato nel 1898, è un artista fondamentale del '900. Inutile dilungarci su chi era e cosa ha rappresentato, per chi volesse saperne di più basta cliccare qui.

Di certo un'opera dell'artista europeo può valere svariate decine di milioni.

Il ritrovamento risale al 2004. E da allora, il poliziotto irpino ha intrapreso una dura, lunga, difficile, complessa battaglia, per far conoscere il dipinto e confermarne l'attribuzione (a Escher, appunto).

Dopo dodici anni ci è riuscito. “Lochness” è stata ritenuta un'opera giovanile di Escher, importante anche da un punto di vista storico, perché consente agli studiosi dell'artista di valutare l'evoluzione del maestro.

Partiamo dall'inizio. Il quadro viene scovato in un deposito dove la famiglia rientrata dopo alcuni decenni dalla Svizzera aveva sistemato mobili, cianfrusaglie, vecchi ricordi. De Feo trova il quadro e viene a sapere che era stato regalato ai suoi da una persona che probabilmente era del tutto ignara del reale valore. Inizia le sue ricerche da autodidatta. Conosce l'opera integrale di Escher, la studia. Riscontra tantissimi punti in comune con il suo Lochness. Invia mail, raccomandate, foto a esperti, direttori di musei, intellettuali. In poco tempo la notizia si diffonde in mezzo mondo, suscitando estrema curiosità. Se ne occupa all'epoca, e diffusamente, anche Ottopagine. Ma la comunità scientifica è divisa. C'è chi ritiene che il dipinto sia attribuibile a Escher, chi lo ritiene molto possibile, chi pensa ad un suo allievo e chi resta più scettico.

Intanto un perito grafico iscritto all'albo del tribunale civile di Roma, Anna Petrecchia, non ha dubbi: la firma sull'opera è sicuramente di Escher. Del curioso rinvenimento se ne occupano media nazionali e internazionali. Cresce l'interesse e piovono anche le prime offerte economiche (non ritenute congrue).

Questi dodici anni sono serviti a fugare ogni dubbio. L'opera è sicuramente del maestro olandese e – questa è l'intenzione del poliziotto – potrebbe diventare un attrattore turistico per la cittadina irpina. Ma per fare questo serve anche l'aiuto, il sostegno dell'amministrazione comunale di Volturara.

Ora anche l'Irpinia ha il suo “mostro di Lochness”, non vive in nessun lago, ma in un piccolo comune. Ci sono paesi che puntando su opere d'arte sicuramente meno memorabili sono riusciti ad imporsi all'attenzione dei visitatori. Volturara ha il suo Escher, potrebbe rappresentare un'occasione. E in questo caso, il tesoro in soffitta sarebbe condiviso da una comunità intera.

E ora vi lasciamo. Ci siamo ricordati di non aver ancora rovistato per bene nella vecchia cassa di nonna. Non sia mai che...