Angela trascorre le giornate attaccata al telefono. Lo porta con sè sempre. Anche quando va a lavorare, di mattina, come collaboratrice domestica. Trova la forza per farlo un po' per necessità, un po' per non pensare a quel figlio di cui non si hanno notizie dal 12 giugno scorso. Paolo Parisi, il 25enne di Liveri scomparso nel nulla dopo essere salito su un treno a Civitanova Marche, ha ancora il cellulare staccato. E più passano i giorni, più si teme per la sua vita. Qualcosa di brutto potrebbe essergli capitato. Sulla vicenda indagano i Carabinieri della Compagnia di Nola presso i quali la madre del ragazzo ha sporto denuncia di scomparsa. Avviati i contatti con le Ferrovie dello Stato per acquisire le immagini del sistema di videosorveglianza della stazione di Rimini, l'ultimo posto in cui Paolo è stato avvistato. Venne fermato infatti, in quello stesso 12 giugno, dai carabinieri del posto per un normalissimo controllo. Da quel momento non si hanno più notizie.
Dov'è finito Paolo? Che cosa gli è successo? Angela se lo chiede tutti i giorni. E se lo domandano gli amici, i parenti, persino tanti semplici internauti che postano da giorni le immagini del 25enne sui social sperando che qualcuno possa notarlo e ricordarsi di averlo visto da qualche parte. «Io devo trovare mio figlio. Sento che è ancora vivo, che ha bisogno del mio aiuto, ma non so più cosa fare», afferma al telefono la signora Angela. «Qualcuno deve pure averlo visto, magari mentre prendeva un caffè al bar». Angela ammette che ci sono momenti in cui, presa dallo sconforto, la sua mente si annebbia e si intasa di pensieri negativi. «Cerco subito di allontanarli, non voglio credere che gli sia capitato qualcosa di brutto - aggiunge la madre del 25enne scomparso - D'altronde, lì, nelle Marche, Paolo non conosceva nessuno eccetto sua zia. Dopo 25 anni anni era la prima volta che metteva il naso fuori regione. Penso piuttosto che, preso dalla disperazione per non essere riuscito a trovare un lavoro, si sia depresso. Potrebbe anche aver perso la memoria. Non ricordarsi più nulla e, quindi, trovarsi nell'incapacità di chiedere aiuto. Ecco perché mi affido alla generosità degli italiani. Chiunque lo abbia visto e sappia qualcosa, parli, ci contatti. Siamo appesi ad un filo speranza».
Rocco Fatibene