Montesarchio

"La Sabbia negli Occhi": è il titolo della mostra d'arte di Giuseppe Di Guida. "Si può pensare l'arte come filosofia e la filosofia come arte. L'arte sarà filosofia o non sarà, e viceversa? Forse questa potrebbe essere la prossima avvincente avventura del pensiero occidentale dopo la metafisica.” E' questo il pensiero dell'artista. L'arte alla svolta della modernità, ha rinunciato a una mera funzione di rappresentazione della realtà offrendosi come strumento per la sua costruzione. Molto spesso, l'arte ha persino negato il suo contenuto visivo per privilegiare quello più astratto e concettuale. D'altro canto, la riflessione sull'arte condotta dalle discipline storiche che al suo studio si applicavano. Si è estesa, istituendo nuovi programmi di ricerca in Estetica e in Filosofia dell'arte. All'interno di questi programmi è stato ritenuto fondante non solo l'apporto del filosofo, ma anche direttamente quello dell'artista che riflette sul proprio lavoro.

Se, però, la contiguità tra arte e filosofia ha aperto prospettive di lavoro inedite, dall'altro ha offerto la legittimazione a congetture ed elaborazioni teoriche che hanno poco a che fare con l'arte. Negli ultimi anni, numerosi artisti, si sono avventurati sulla strada della speculazione teorica, sociologica, economica, politica ecc. proponendo opere che poco aiutano il pensiero e poco dicono agli occhi. Per qualche ragione, una stagione di fecondi confronti ha finito per produrre risultati assai modesti. Questo a mio avviso, perché il dato di partenza per l'artista che si avventuri a fare filosofia non può che essere un dato di sensibilità. 

Il superamento della metafisica, forse, sta nel radicarsi ancor più nel mondo, come in fondo suggeriva Nietzsche. Il lavoro di Giuseppe Di Guida si svolge in questa direzione. Forte di un pensiero lucido e disincantato, l'artista si mostra sensibile ai drammi del proprio tempo. Si fa voce del mondo nel quale si coinvolge in cerca di un contatto diretto, genuino, mondano fino allo stremo.

Non si astrae da esso, non lo guarda da lontano come farebbe l'artista-filosofo di marca metafisica, rappresentando un pensiero che nel congedo dal mondo trova la sua condizione prima. È quello di Di Guida un pensiero incarnato e perciò talmente visibile che lo spettatore non può più chiudere gli occhi su di esso. Così, Giuseppe Di Guida, nell'esercizio critico del mondo dell'arte, o meglio della professionalizzazione finanziaria dell'arte, ci invita a considerare il tema della migrazione, dei rapporti tra nord e sud del mondo, della povertà e della responsabilità. L'arte aiuta a pensare e il rigore del pensiero ha già esso stesso valenza morale.

gdn