Nola

Quando, due settimane fa, si era vociferato di un possibile trasferimento del 118 dall’ospedale Santa Maria La Pietà al Cis di Nola, sindaci e sindacati hanno parlato di scippo alla città e di disservizi all’utenza. Le pressioni hanno sortito l’effetto sperato tant’è che la Direzione Generale del nosocomio nolano è stata costretta a fare dietrofront, sospendendo la delocalizzazione. Nessuno però ha mai speso una sola parola per gli operatori del servizio di emergenza, che lavorano in condizioni al limite della sopportabilità. Operatori che avrebbero gradito il trasferimento in una struttura più adeguata rispetto a quella in cui attualmente sono relegati.

Tanti, troppi i problemi e i disagi in quel bugigattolo ricoperto da lamiere che funge da centrale operativa. Sentite cosa ci racconta il coordinatore Saverio Napolitano. «Siamo trenta, trentacinque persone in un piccolo spazio in cui ci sono anche operatrici donne, con un minuscolo bagno, utilizzato anche come spogliatoio, da condividere. Una situazione, a mio avviso, poco corretta. Come sicuramente non è corretta l’allocazione dei farmaci, custoditi in armadietti all’aperto, sotto il sole, con esposizioni termiche che partono da zero e arrivano a 60 gradi».

Infine, la questione contrattuale. Gli operatori del 118, in generale e non solo quelli di Nola, sono lavoratori fantasma, a cui lo Stato non riconosce i più elementari e sacrosanti diritti. «Non si può affidare un servizio così fondamentale in mano al volontariato, che poi tutto è fuorché volontariato – aggiunge il coordinatore Saverio Napolitano – Non si può pretendere che un autista o un infermiere per volontariato lavori per 300 ore al mese su un’ambulanza. Non ha alcun senso parlare di volontariato. E’ solo una presa in giro».

 

Rocco Fatibene