In 14 sono finiti ai domiciliari, 4 hanno l’obbligo di dimora, in tutto sono 39 gli indagati. Coinvolti imprenditori e proprietari di cave, laSan Severino e la Neos, localizzate a Giugliano, in provincia di Napoli e finite sotto sequestro, in un traffico illecito di rifiuti di oltre 250mila tonnellate che si è consumato per mesi grazie alla compiacenza di professionisti che truccavano e falsificano analisi e documenti così da poter smaltire illecitamente il pattume speciale all’interno di siti non autorizzati. L’inchiesta Gatto Silvestro, coordinata dalla distrettuale antimafia di Napoli, pm Maria Cristina Ribera e Gloria Sanseverino, è stata realizzata dalla polizia provinciale di Napoli, dal comando carabinieri per la tutela dell’ambiente, Noe di Roma e di Caserta, indagine alla quale hanno contribuito, nella fase iniziale, anche gli uomini del colonnello Ultimo e del capitano Pietro Rajola Pescarini.

Oltre 250 mila tonnellate di rifiuti smaltiti illecitamente in due cave nel cuore della Terra dei Fuochi.

L'indagine prende le mosse dalle verifiche effettuale dal Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Caserta in seguito ad un esposto anonimo nel quale veniva denunciata una illecita attività di raccolta, stoccaggio e commercio di inerti da demolizione conferiti presso la società "San Severino Ricomposizioni ambientali srl".

La gestione illegale dei rifiuti avveniva mediante la ricezione e miscelazione illecita dei materiali e la loro provenienza da varie imprese senza essere abilitati a riceverli, condotte cui si affiancavano: irregolarità sistematiche nella tenuta dei registri di carico e scarico e nelle attività di trasporto; l'assenza di macchinari necessari; la mancanza di valide e puntuali analisi e accertamenti chimici sui rifiuti; la miscelazione di rifiuti non pericolosi, in assenza di analisi adeguate e con modalità che non consentivano di conservare traccia delle partite di rifiuto gestite e non consentivano a terzi di conoscere l'effettiva composizione delle partite ottenute; l'esistenza di irregolarità nella redazione dei formulari. Le allarmanti modalità, le circostanze adottate e la gravità delle condotte hanno pertanto evidenziato un concreto danno per l'ambiente.

Rifiuti smaltiti illegalmente non solo presso cave, ma anche presso la discarica Maruzzella, sita in Caserta, e in impianti di compostaggio, ma soprattutto questa inchiesta svela un dato inquietante. Per risparmiare sono stati realizzati mattoni e cemento di bassissima qualità utilizzati e commercializzati. I rifiuti, conferititi senza autorizzazioni, alla cava Neos di Giugliano venivano illecitamente miscelati con la pozzolana, miscuglio che veniva venduto come una materia prima a diversi impianti, come la Moccia di Caserta, produttrici di laterizi e cementi. I controlli hanno stabilito, riferiscono gli investigatori, come i mattoni destinati all’edilizia civile, presentassero una particolare fragilità circostanza emersa in maniera palese anche da alcune intercettazioni telefoniche”. L’ennesima indagine che mostra quanto il traffico illecito di rifiuti sia un delitto di impresa, come segnala la direzione nazionale antimafia, ormai da anni. Basti pensare che sono coinvolti titolari e proprietari delle società di gestione delle cave, Enrico Micillo, Massimo Capuano, Biagio Illiano, tutti e tre ai domiciliari; ma anche trasportatori e professionisti come Toni Gattola, anche lui arrestato, che già in passato è stato al centro di inchieste giudiziarie, ma che ha continuato a lavorare gestendo un società di consulenza ambientale, utilizzata, secondo gli inquirenti, dalle cordate imprenditoriali finite sotto indagine, per falsificare documenti. L’obiettivo è sempre lo stesso risparmiare sui costi di smaltimento, gestire anche bonifiche liberandosi del peso economico di un conferimento secondo legge e rivendendo poi, per materia prima, spazzatura miscelata creando un danno non solo alle casse dello stato, per i mancati introiti e le bonifiche ‘finte’, ma anche commercializzando prodotti di costruzione di bassissima qualità. Per alcuni soggetti è stata contestata l’aggravante di aver favorito il clan di camorra dei Polverino, egemone nell’aria di Quarto e Marano, in provincia di Napoli.

Redazione Na