Riassunto delle puntate precedenti. Leo, Mario e il Pisano su ordine di Ciro, il capoclan, uccidono per errore anche il figlio di un boss (LEGGI LA PRIMA PUNTATA). La fuga a casa di Anna (LEGGI LA SECONDA PUNTATA), e il peggio deve ancora arrivare.

Terza puntata.

di elleti

Piove che dio se n'è scordato. Sento il ferro nei pantaloni. Due metri e sono già una zuppa. Mi azzecco al muro, quasi senza pensarci. I lampeggianti azzurri delle guardie fanno l'effetto discoteca con l'acqua che viene dal cielo. Anna l'ho lasciata a casa. Ma non sta sicura. Ho fatto un'altra cazzata. Se Mario e o' Pisano parlano Ciro manda i cani arraggiati a cercarmi da lei. Sono capaci di sventrarla viva se non parla, se non dice dove sono andato. E lei non parlerà, perchè non sa niente. La vedo morta, affogata dentro il suo sangue. Per colpa mia.

Sono arrivato all'incrocio. Mi avvicino alla prima macchina che si ferma al semaforo. Sfondo il vetro con il calcio della pistola. La punto in faccia a quello che guida. Sta solo. Esce docile, non dice niente. Tiene la paura negli occhi. Gli do una botta in testa, poi un'altra. Sviene dentro un pozzanghera. Lo trascino dietro un paio di piante secche, gli spacco il cellulare e parto con la macchina. Devo andare da Anna.

L'acqua m'ha bagnato pure le ossa. Il cuore mi vuole uscire dal petto. Notte di merda. Arrivo davanti al portone. Troppo tardi. Sono già arrivati. Li vedo i cani rabbiosi mentre entrano nel portone. Franco Marotta e Luca Sepe. Gente seria, dice Ciro. Due belve. Sparerebbero in bocca alla madre per un poco di monei. O se lo chiede Ciro.

Faccio passare qualche secondo. Poi li seguo. Vorrei citofonare ad Anna, dirle di non aprire a nessuno. Ma non servirebbe a niente. Tiene una porta che si regge per scommessa. Il calcio di un bambino e si apre.

Sbam! Sono entrati. Salgo le scale di corsa, come un pazzo. Mi fermo sull'ultima rampa prima del pianerottolo dove abita Anna. La voce di Marotta, poi quella di lei. Che vibra di rabbia e paura. Il rumore secco di uno schiaffo. Devo entrare, entrare subito.

Mi maledico. Ho la pistola in mano. Sono rimasti tre colpi. Tre botte, non posso sbagliare. Fuori ancora sirene. Le guardie stanno mettendo sottosopra il quartiere. Lo fanno sempre, pure se non serve a un cazzo. Mi avvicino alla porta. E' socchiusa. Guardo dentro. Vedo Sepe di spalle. Anna è sul letto, Marotta in piedi vicino a lei. Ha la pistola in mano. Uno schiaffo, poi un altro. «Parla zoccola, a ro sta chillu strunz'». Entro. Nessun rumore. Se ne fottono. Stanno troppo tranquilli. Bene. Non posso sbagliare. Prima Marotta che tiene la pistola e poi Sepe. Marotta lo secco in testa. Sepe si gira con il ferro in mano. Due botte al petto. Non muore, quell'animale non muore. Mi butto su di lui, Anna vorrebbe urlare, ma dalla bocca le esce una specie di lamento. Colpisco Sepe con il calcio della pistola.Una, due, tre..., dieci volte. E' morto, la testa spappolata. Il cervello attaccato alle mie mani. Guardo Anna, dentro agli occhi odio e terrore. E l'odio è tutto per me.

«Dobbiamo andare, veloce. O siamo morti». «Siamo già morti». Ha una voce che non riconosco. Sembra finta.

Mi sciacquo le mani. Riempio una borsa con i primi vestiti che trovo. Ci metto dentro pure le pistole dei cani rabbiosi. Anna si alza. Non dice niente. Le metto addosso un cappotto e usciamo.

Macchina. La pioggia non si ferma. Passo davanti all'incrocio. Dietro la siepe non c'è più nessuno. Lei sta zitta. Un silenzio che mi mette sotto processo. Sono ricomparso e mi sono portato dietro i soliti guai. Questa volta più grossi. Anna ha i segni degli schiaffi sulla faccia. Un occhio si sta gonfiando. Bastardi. Incrociamo due macchine con i lampeggianti. Il respiro si ferma, cerco il ferro. Non succede niente. Girano a vuoto. Tutta scena. Fuori dai quartieri, finalmente. La luce gialla dell'alba. Andiamo verso il mare. Quella casa vuota. Ci abitava zio Pino. «Prima o poi la vendo, tu dacci un occhio ogni tanto». E' andato in Germania. Può essere un posto sicuro, almeno per qualche giorno. Lasciamo la macchina a qualche chilometro, nascosta tra gli alberi della pineta. Sarebbe meglio appicciarla. Ma non c'è tempo. Voglio arrivare a casa. Fermarmi. Anche per Anna. Alla macchina penso dopo. Ora il rifugio, dopo una notte di sangue e paura.

(Continua)