Avellino

Programmazione, scouting, lungimiranza. Termini spesso abusati nel calcio contemporaneo dove l’assillo dei risultati, la corsa ai 3 punti, induce a percorrere la strada che sembra la più rapida per raggiungerli: puntare sul grande nome, su calciatori navigati. Insomma, su garanzie. O presunte tali. Ma il bello del calcio è che non c'è un diretta proporzionalità tra curriculum e trionfi; tra ingaggi faraonici e successi. Più del passato contano il futuro, le motivazioni, le ambizioni. In una parola, la “fame”. Una caratteristica più volte indicata da Enzo De Vito come indispensabile per far parte di un progetto, quello irpino, che nell'ultimo anno ha provato a ridisegnarsi anche con l'innesto di qualche elemento dai trascorsi importanti, ma che tornerà a privilegiare la linea verde totale, che aveva dato soddisfazioni decisamente più significative.

Il direttore sportivo, che dovrebbe restare in Irpinia nonostante i nodi sul suo futuro non siano stati ancora completamente sciolti, ripartirà da quella “scrivania in campo” posizionata nell'estate del 2011, all'alba del suo quinquennio in Irpinia, per far capire ai calciatori l'importanza della piazza in cui sarebbero arrivati. Dietro a quella virtuale scrivania si sono seduti pure Izzo e Zappacosta, che si apprestano a vestire la maglia della Nazionale maggiore nello stage pre Euro 2016. All'epoca di loro si sapeva poco o nulla, come lo si sa, ora, del portiere italoindonesiano Audero, dei centrocampisti Omeonga e Vitale e dell'esterno d'attacco Camará, primi rinforzi per l'allenatore in pectore Mimmo Toscano, che, per rimanere in materia di fame, non sembrerebbe aver margine di deludere essendo soprannominato “Il Cannibale”. Programmazione, scouting, lungimiranza: ad Avellino non sono concetti vuoti. E l'Avellino riparte da qui.

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Marco Festa