di Elleti

Hanno pigliato pure a Peppe. Questa mattina, era ancora scuro. Le guardie non hanno fatto neppure toc toc, hanno sfondato la porta e si sono buttate dentro. Peppe stava dormendo, la moglie si è messa ad alluccare come una pazza. I bambini hanno iniziato a piangere, uno è caduto e si è fatto male. Le guardie alluccavano pure loro. Quel cane che sembra una zoccola di fogna si è aggiunto al casino e si è messo ad abbaiare come un disperato. L'unico che non parlava era proprio lui. Ha guardato gli sbirri e ha detto: mettetemi i bracciali e portatemi fuori che se no esco pazzo.

Che Peppe stava a rischio lo sapevano tutti quanti. Quel fesso ha perso la pistola quando abbiamo sparato a quelle chiaviche nei quartieri. Gliel'avevo detto: vattene in qualche buco fratè. Macché, quello ha una capa di merda. Più gli parli e più non cambia idea. Così mi sono stato zitto. E ho pensato: fottiti. E lo hanno fottuto. Non sta inguaiato perché non è morto nessuno. Ma dal gabbio esce tra almeno un anno.

Nel bar c'era Totonno 'a vipera che faceva il preoccupato. «Quello Peppe sa un sacco di cazzi, se parla...». L'ho guardato storto. «Si va beh, lo so, si fa i fatti suoi». Tutto potevano dire di Peppe, ma non che era un infame. Quello si sarebbe fatto scamazzare, ma non avrebbe mai detto niente.

Stavo giocando a biliardo con Mario 'a femmenella e 'o Pisano. Ho guardato il Rolex originale, le otto e mezzo di sera. «Andiamo, Ciro ci vuole parlare». La sua casa sembrava sgarrupata come tutte le altre case della zona. Tutto era scassato, pure le cose nuove parevano scassate. Poi entravi dentro e ti facevi gli occhi. Quella, Anna, la moglie di Ciro, teneva la fissazione dell'arredamento. E spendeva che dio se n'è scordato.

«Guagliù, il fatto è serio». Ciro stava preoccupato, ci guardava a tutti e tre. Uno dopo l'altro. Aria pesante. Quando il fatto è serio sono pesci fetienti.

«Peppe mi doveva fare un servizio, proprio questa sera».

Nessuno fiatava. Ciro s'arraggiava facile. E chi lo interrompeva poteva pure trovarsi una canna in bocca e il cervello spappolato sopra a qualche muro. Faceva quelle pause lunghe, che tu non sapevi mai se aveva finito o doveva parlare ancora. Quella volta aveva finito.

«E allora? Nisciuno mi dice niente?».

«Eh sì, Ciro, siamo a disposizione». Avevo detto l'unica cosa che si poteva dire. Pure se mentre parlavo vedevo una fossa che si scavava da sola. La mia.

«Quel servizio lo dovete fare voi...»

Un'altra pausa. Ciro si guardava le mani. Nell'altra stanza si sentiva Anna che alluccava a telefono con la figlia.

«Matteo, chillu zuzzus'...».

«Che dobbiamo fare Ciro, na mazziata?».

«L'avita pulizzà».

E' un guaio. Un guaio grosso. Matteo non è nu piscitiello. E' roba pesante. Il fratello tiene una banda di spaccaculi, gente di rispetto.

«Non vi preoccupate, me la vedo io col fratello. Si deve stare. Mo jate e portatemi buone notizie».

Quello stronzo di Peppe, proprio ora si doveva far arrestare. E io devo fare il lavoro con Mario e o' Pisano, uno è un cacasotto, e un altro è pazzo.

Faremo un casino, già lo so. E quella fossa si sta scavando da sola. Tutta per me.

Matteo Liveri abitava nella zona del mercato. Ciro lo voleva togliere di mezzo perché quel fesso si era allargato. Aveva chiesto il pizzo a chi non doveva. Gli aveva pure spaccato la testa. E faceva la cresta sulla droga. Roba di pochi soldi. Pure per questo era un fesso. Chi fotte Ciro è morto. Ma se lo fotti per quattro soldi sei morto per niente.

Due moto. Una la guidava il Pisano. L'altra Mario, io stavo dietro a lui col ferro in mano. La telefonata è arrivata poco dopo. Erano le dieci.

«L'uccello è arrivato». Matteo stava dentro al circolo.

Sono andato da solo, il casco integrale in testa. Quando è così devi fare subito. Se no ti vedono, capiscono e ti sparano. Non ho fatto subito. Dentro hanno pigliato i ferri. Bang, bang, bang. 'O Pisano s'è messo a sparare pure lui. Non s'è capito niente. Quando siamo scappati per terra c'erano tre persone e io tenevo il braccio che perdeva sangue.

Sulla moto stavo azzeccato a Mario. Il sangue usciva dal braccio e mi inzuppava i pantaloni. Non sentivo niente, solo l'esplosione delle pistole. Nel circolo ci aspettavano, o forse no. Ma siamo stati fessi. Non sapevamo chi c'era e chi non c'era. E soprattutto chi abbiamo colpito. Però un fatto è sicuro: abbiamo fatto un casino.

(fine prima puntata)