di Luciano Trapanese
Ci sono amori che sbocciano all'improvviso, anticipati da antipatie reciproche, qualche cattiveria, frasi taglienti. Amori improbabili, spesso imprevedibili. Ma che diventano passioni forsennate. All'ultimo respiro.
Ci sono amori, come quello deflagrato tra Renzi e De Luca, che rispondono proprio a queste caratteristiche.
Prima l'odio, poi una esibita quanto fasulla indifferenza e infine l'insistita manifestazione pubblica del reciproco sentimento.
Parliamo di politica, naturalmente. Ma tra il giovane presidente del consiglio e il burbero governatore si è instaurato un rapporto che solo due anni fa sarebbe stato impensabile.
Da una parte l'enfant prodige della politica italiana. L'astro nascente o il novello Berlusconi, dipende dai punti di vista. Il rottamatore.
Dall'altra, il vecchio esponente del Pci, potentissimo sindaco di Salerno per oltre un ventennio. Antica scuola di partito.
Nonostante tutto hanno molti lati in comune. Di sicuro l'arroganza (che in politica non è sempre un difetto). Apparentemente sfumata, ambiguamente bonaria, ma comunque straripante, quella del premier.
Esibita, diretta, negli atteggiamenti, nelle parole, nella sicurezza che non teme confronto, quella del governatore.
Tutti e due con una marcata idiosincrasia con l'establishment dei democratici. Il toscano, irrimediabilmente in contrasto con i vertici nazionali del partito (D'Alema e Veltroni, poi rottamati).
Il governatore in rottura con i dirigenti del Pd campano, per anni in mano ad un suo nemico giurato, Antonio Bassolino.
E' su questo punto che si sono ritrovati. Prima sotto traccia. Poi, come in questi ultimi mesi, con un lungo abbraccio pubblico.
Già durante la campagna elettorale per le regionali, il premier – nonostante le liste di proscrizione della Bindi – aveva evitato di mettersi di traverso di fronte alla candidatura di De Luca. Anzi. Dovendo scegliere tra il sindaco di Salerno e qualche bassoliniano non ha mai avuto dubbi. E del resto, diciamola tutta, lo stile deluchiano sarà anche eccessivo (Crozza docet), ma di sicuro affascina il toscano. Per il decisionismo, l'ostentazione del fare, il pragmatismo estremo. E quell'implicito endorsement (manifesto dopo l'elezione e il temporeggiare rispetto all'applicazione della legge Severino), ha di fatto creato e rafforzato il legame tra il vecchio esponente Pci e l'ex boy scout.
Legame che in queste settimane è diventato strettissimo. Renzi era stato pochissime volte al sud (per sua stessa ammissione). Da un po' di tempo è sempre in Campania, e sempre in compagnia di De Luca. Per Pompei, Bagnoli, oggi per il Patto. E avrebbe dovuto tornare domani, per l'inaugurazione della stazione marittima di Salerno. Impegno al quale ha rinunciato solo per un appuntamento europeo. Ma comunque non si è sottratto dal visitare a sorpresa a Salerno e la magnifica opera progettata da Zaha Hadid). Sempre a braccetto del governatore. E per lodare in pubblico «le capacità mostrate nell'amministrare la città». Ma anche sul Patto per la Campania, De Luca è stato il primo. Con settimane di distacco – tanto per dire – rispetto all'odiatissimo (da Renzi) governatore pugliese Emiliano. Quello che più di tutti ha dato filo da torcere al premier sulla questione referendum per il petrolio. E a proposito del petrolio, dopo aver appoggiato la consultazione referendaria sapete tutti cosa ha detto De Luca alla vigilia del voto: è una palla. Un'altro assist all'amico toscano.
Ma - ed è quello che ci interessa – questa magnifica intesa potrà portare dei vantaggi alla Campania? Chissà. Il Patto siglato questa mattina potrebbe essere un punto di partenza. E comunque sia, il buon Renzi ora che frequenta così assiduamente De Luca e la Campania, conoscerà direttamente il sud. Con i pregi e i difetti. Evitando – come purtroppo ha fatto in passato – di descrivere il Meridione attraverso vuoti stereotipi. O di non pronunciare neppure, incomprensibilmente, la parola Sannio nei giorni drammatici dell'alluvione di Benevento.
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