Avevamo già detto della protesta dell'Atletico Brigante andata in scena nello scorso turno di campionato. Una protesta per l'impossibilità di schierare in campo due atleti di colore per problemi di tesseramento. Per spiegare meglio il tutto, la stessa società, ha provveduto a inviare un comunicato.
“Lo abbiamo ribadito più volte e continueremo a farlo sempre. L’Atletico Brigante non è una semplice squadra di calcio iscritta al campionato provinciale di terza categoria. Alla base della nostra idea di fare sport, e più in generale della nostra condotta di vita, ci sono dei valori imprescindibili tra i quali l’antirazzismo. Per tale motivo, da quando è nata questa squadra, abbiamo provato a coinvolgere diversi fratelli migranti all’interno del nostro progetto. Da subito abbiamo stretto contatto con due ragazzi che vivono in una struttura per minori stranieri non accompagnati nella nostra città. A questi ragazzi se ne sono aggiunti altri, maggiorenni, che siamo riusciti a tesserare ed ora possono giocare con noi nelle partite ufficiali di campionato. Purtroppo per i due ragazzi minorenni, provenienti dalla Somalia e dal Gambia, ci sono stati diversi problemi relativi alla lungaggine burocratica della pubblica amministrazione. Basti pensare che solo per un banale certificato di residenza ci sono voluti circa quarantacinque giorni, coinvolgendo la struttura ospitante, il tutore legale, l’operatore della struttura, l’ufficio anagrafe, il dirigente di settore e tutta una serie di indegne figure che sono parte di questo farraginoso meccanismo. Ma non è finita qui. La procedura per il tesseramento di un minorenne straniero prevede l’esame e la valutazione del comitato regionale di appartenenza. Ebbene, dopo mille difficoltà nel reperire tutti i documenti, ad inizio di Gennaio 2015 abbiamo consegnato tutta la documentazione, alla sede regionale della Figc Campania a Napoli. Speranzosi in una risposta positiva (in quanto tutta la modulistica risultava regolare) ogni settimana chiamavamo la Figc per sapere il responso ma ogni volta c’era un rinvio alla settimana successiva. Poi, finalmente, un paio di giorni fa, all’ennesima chiamata, la risposta positiva: “i ragazzi da questo fine settimana possono giocare.” Una gioia indescrivibile per noi e per loro, ovviamente. Una gioia, però, durata poche ore perché, nel tardo pomeriggio della stessa giornata, ci arriva la chiamata dalla Figc regionale che ci dice di essersi accorta che i due ragazzi risiedono in una comunità per minori e quindi la documentazione deve essere inviata a Roma per un ulteriore esame da parte della direzione nazionale della LND Figc. A quel punto il nostro dispiacere si è trasformato in indignazione. Senza entrare nel merito di una gestione imbarazzate da parte degli organi preposti, ci chiediamo come è possibile rendere così difficile la possibilità ai nostri fratelli di giocare “a pallone” nei campionati federali, solo perché minori non in possesso della cittadinanza italiana?”