Atripalda

Non solo un loro dipendente ha causato l'incidente mortale, ma il veicolo che gli avevano affidato era anche sprovvisto di assicurazione. Stanno emergendo responsabilità sempre più gravi a carico della Sila Grand View Co., Ltd nella tragedia di Marcello Cucciniello, il 23enne di Atripalda travolto e ucciso il 9 settembre scorso da un pick-up in Thailandia, nell'isola di Koh Saumi, dove si trovava in vacanza: una tragedia che ha avuto una eco nazionale.

Sulle responsabilità del sinistro non ci sono dubbi: la polizia thailandese, intervenuta per i rilievi, ha contestato il reato di “guida imprudente, causando lo scontro con altro veicolo, il decesso altrui e danni ai beni” al 25enne del posto.

I familiari di Marcello, la mamma Assunta Urciuoli e la sorella Clarissa in primis, tuttavia, oltre all'immenso dolore per l'assurda perdita, si sono trovati fin da subito di fronte, anche per le semplici formalità, ad un'enormità di problemi e difficoltà legati alla distanza, alla burocrazia, alle procedure e alle leggi del Paese asiatico, totalmente diverse da quelle italiane. Al punto che sulla vicenda è stata presentata anche un'interrogazione parlamentare al Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni.

Proprio per non essere più lasciata da sola e per ottenere giustizia, la famiglia, attraverso il consulente Sabino De Benedictis, si è affidata aStudio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, che segue anche vari casi all'estero e che si è subito messa in moto con i propri esperti e fiduciari incaricando anche uno studio legale di Bangkok, diretto da un avvocato italiano, il quale relaziona costantemente e in tempo reale sull'evolversi del caso.

E dalle analisi e dagli approfondimenti prontamente avviati da Studio 3A, è emersa un'ulteriore, amara verità: il veicolo che ha investito e ucciso il giovane non era assicurato.  «Non è accettabile che la famiglia di Marcello sia da ormai sei mesi in attesa del processo - dice Ermes Trovò - che non è stato ancora nemmeno istruito. E qui un intervento della nostra diplomazia in Thailandia non guasterebbe. L'investitore, che non ha fatto un giorno di carcere, è tuttora a piede libero in attesa di giudizio».