Avellino

Una leadership troppo forte o l’assenza di un punto di riferimento, disegnano quasi lo stesso quadro all’interno del Pd nel Sannio e in Irpinia. Un paradosso che ha un comun denominatore: il malessere che agita il partito, i suoi apparati, la sua spesso atavica organizzazione. Partiamo dall’Irpinia, dove i democratici scontano l’assenza di un leader. Partito parcellizzato, tra capetti veri e presunti. Risultato: almeno venti candidati alle prossime elezioni regionali. In tanti si autoproclamano “la giusta scelta”.

 

Ma le ambizioni non sono sorrette da autorevolezza e consenso. Poggiano su basi molto meno solide: «Se si candida lui posso farlo anche io». E così De Luca, De Blasio (l’un contro l’altro armati), Chieffo, Rizzi, Palmieri e compagnia cantante, tutti nel nome del proprio e residuale pezzetto di potere, si spintonano più o meno palesemente alla ricerca di un posto in lista.

 

Nel frattempo il Pd a livello regionale si consuma amleticamente intorno allo psicodramma delle primarie. De Luca (il sindaco di Salerno), Migliore, quell’erede diretto del bassolinismo che è Cozzolino, Nicolais e altri, competono da settimane per il ruolo di più o meno legittimo anti Caldoro. Come si vede, siamo al personalismo puro. Non c’è traccia di politica in tutto questo.

 

Come non c’è traccia di politica nella spartizione delle poltrone per l’Asi di Avellino. C’è chi ha urlato all’inciucio, tra Pd e Udc. Chi ha sollevato l’anacronistica questione “De Mita no, De Mita sì”. Ma nessuno si è accorto che è andato in scena uno spettacolino giunto ormai alle ultime repliche. Questa indecente gestione del potere è agli sgoccioli. Proprio come certi carrozzoni creati ad arte dalla politica delle clientele qualche decennio fa.

 

Personalismi, dicevamo. Che hanno allontanato dalla politica una parte importante della nostra comunità. Soprattutto quanti ritengono il ruolo pubblico un impegno per gli altri e non solo per se stessi. Questa parte della comunità - per certi versi la parte migliore - ha deciso di fare comunque politica. Ma la fa altrove, tra le associazioni di volontariato o culturali, nei comitati di quartiere, lontano dal nulla creato dalla mera gestione del potere.

 

Nel Sannio il Pd ha una leadership forte e riconosciuta. Quella del sottosegretario Umberto Del Basso De Caro. Così forte e riconosciuta che ha creato di fatto il vuoto intorno. C’è un cadidato alle regionali, indicato proprio dall’esponente di Governo, Mino Mortaruolo. Sarà scelta una donna e poi il cerchio è chiuso.

 

Ma il malessere nel partito resta aperto e vibrante. A partire da quello già espresso dal sindaco Fausto Pepe, che ambiva ad una candidatura, per finire a Giulia Abbate, che mirava a una conferma. Altri pezzi del partito sono andati via o tacciono perchè sarebbe anche inutile far sentire la propria voce. La situzione è opposta a quella avellinese, ma genera lo stesso sgradevole effetto.

 

Personalismi...

di Luciano Tapanese