Quindici

Proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare l’ennesimo miracolo mensile, quello della vita che sconfigge la morte, la comunità di Quindici si è dovuta invece raccogliere attorno ad una piccola bara bianca, portata a spalla da papà Giampiero e dagli altri familiari. Ieri, Maria Liliana avrebbe compiuto 14 mesi, sarebbe stata festeggiata da amici e parenti. Un buffet, regali, sorrisi ed auguri. Magari anche i fuochi pirotecnici. Ma ieri, purtroppo, gli spari sono stati diversi. Quelli che hanno accompagnato il feretro nel suo ultimo viaggio, verso l’abbraccio di Dio e della madre terrena, Carolina Sepe.

 

I funerali della piccola Maria Liliana sono stati celebrati a Quindici, nella chiesa di Maria Santissima delle Grazie. Struggente l’omelia di don Alfonso Pisciotta, vicario della Diocesi di Nola. «Preghiamo per gli operatori sanitari affinché le loro azioni siano sempre mosse dal senso di responsabilità», ha detto il sacerdote, riferendosi all’inchiesta aperta dalla Procura di Napoli su istanza dei familiari di Maria Liliana che vogliono vederci chiaro su una morte che ha quadruplicato lo strazio cominciato in una maledetto pomeriggio estivo, il 25 agosto di due anni fa. Al termine della messa, il corteo si è diretto verso il cimitero di Quindici fra gli applausi scroscianti e commoventi della cittadinanza, il lancio di fiori e di confetti, gli spari in sottofondo. In chiesa, la celebrazione in una compostezza unica. Maria Liliana se n’è andata così.

 

Come il pollicino di una fiaba che, da qualsiasi verso la si racconti, è uno sperpetuo, un rosario nero di morte. Prima il nonno Vincenzo Sepe, poi la nonna della madre, Bettina Crisci, infine la mamma Carolina. Quest’ultima in coma per mesi, in lotta fra la vita e la morte, impegnata in uno sforzo immane, quello di dare nutrimento alla sua Maria Liliana, per consentirle cdi crescere in condizioni straordinarie. All’origine di tutto la pazzia di una dannata domenica estiva, quando un anonimo cortile di Pignano, tranquilla frazione di Lauro si è trasformato in un set da film dell’orrore. Per un banale diverbio. Per una precedenza automobilistica tra la famiglia Sepe e un ex vigilantes, vicino di casa delle vittime. Domenico Aschettino, ora davanti ai giudici per un processo, impugnò la pistola e fece fuoco. Fu una strage. Alla fine, sull’asfalto si conteranno quattro feriti e un morto, che poi diventeranno tre. E con la morte di Maria Liliana la tragedia familiare assume ora proporzioni ancor più devastanti.