Gianluca Cimminiello fu ucciso perché era bravo nel suo lavoro di tatuatore, tanto da suscitare l’invidia dei concorrenti. Cinque anni dopo la sua morte, i carabinieri hanno arrestato il mandante del delitto, Arcangelo Abete, e di due esecutori maturati, Raffaele Aprea e Vincenzo Russo. L’omicidio di Cimminiello fu deciso in un appartamento a Milano, dove il boss Abete era stato messo ai domiciliari.
Ma perché uccidere il tatuatore? Cosa ha reso necessario un summit a Milano dei vertici dell’ala scissionista della camorra per colpire a morte il professionista 31enne? Una decina di giorni prima della sua morte, Gianluca postò sulla sua pagina Facebook una foto conl’ex calciatore del Napoli Lavezzi, realmente scattata all’esterno dello stadio, ma presentata con un monitoraggio dal quale sembrava che il bomber fosse stato ospite nel laboratorio del tatuassero. Quanto basta a scatenare invidie da parte di un altro esperto del ramo. E’ a partire da questo scenario che ha inizio una sequenza di eventi culminati nell’omicidio di Gianluca, come ricostruito dai carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna.