Sant'Agata de Goti

Alfonso Della Ratta ha due anni. E’ il figlio di Tiziano, l’appuntato dei Carabinieri di Sant’Agata de’ Goti ucciso in una rapina a Maddaloni il 27 aprile del 2013. In questi giorni a Santa Maria Capua Vetere si sta celebrando il processo agli uomini del commando coinvolto nella rapina in cui Tiziano Della Ratta perse la vita ed il suo collega, il maresciallo Domenico Trombetta rimase gravemente ferito. La lettera, scritta idealmente da Alfonso ma composta dalla mamma Vittoria Iannotti, è la risposta ad un’altra lettera, quella di Domenico Ronga, uno degli imputati. Ronga con la sua missiva indirizzata alla mamma, alla moglie, ed al figlio di Tiziano Della Ratta ha chiesto perdono. Ma non c’è perdono nelle parole di Vittoria. “Quando io avevo sette mesi - si legge nella lettera diffusa dagli avvocati Diego Perugini e Marianna Febbraio - lei, insieme con i suoi complici, ha ucciso mio padre. Non mi interessano i motivi per cui lo ha fatto. Niente può giustificare il comportamento di chi uccide barbaramente; di chi rapina per vivere. Quelle scuse che ho letto, a ridosso della sentenza che sta per essere emessa nel processo per l'uccisione di mio padre hanno un solo scopo: ottenere un pena più mite”. “Ebbene - prosegue la lettera - ciò non accadrà col mio permesso. Non accadrà grazie al mio perdono. Perché io non la perdono”. Nella lettera i sentimenti dei familiari di Tiziano Della Ratta si fondono in un unico “no” alle richieste dell’imputato, e Vittoria fa chiedere al piccolo Alfonso che la giustizia faccia il suo corso fino ad una condanna “adeguata”. “I miei familiari non la perdonano. Spero - così si chiude la lettera - che non la perdonerà neanche suo figlio. Io chiedo solo che la Giustizia riaffermi i principi per cui è morto mio padre e lei venga condannato, come i suoi complici, ad una pena adeguata al crimine abominevole che ha commesso. Altro non ho da dire e ciò vale per lei e per i suoi complici, per ora e per sempre".