Del Napoli che si recava nell'incantevole Venezia per provare a fare il suo dovere - quello di vincere in ogni modo e (quasi) a ogni costo - si sapeva tutto. Il modulo "doveva essere" il 3-5-2 (e chi lo scardinava, nonostante le mie garbate perplessità) e la squadra sarebbe stata quasi al completo, mancando certamente solo di Neres, di cui si poteva fare certamente a meno contro Inter e Fiorentina, forse affatto contro squadre più votate a difendersi che ad attaccare.
A tal proposito si poteva, con una qualche ragione, fare affidamento sulla pezza a colori Okafor, che più d'uno dava in grande spolvero. La nazionale, che sarebbe seguita al turno di campionato in corso, sembrava dare manforte agli azzurri, sia perché presentava all'ultima partita prima della sosta un'avversaria non esattamente di prima fascia (e neanche di seconda), mentre metteva di fronte le principali avversarie del Napoli nella corsa scudetto, sia perché aveva portato la convocazione di ben 5 elementi del gruppo azzurro e questo poteva dare a tutti un ulteriore slancio verso una grande prestazione e la vittoria. Insomma, se tutto andava come doveva, il Napoli alle 23 di domenica aveva buone speranze di essere in testa alla classifica e di restarci indisturbato per due settimane, altro aspetto da non sottovalutare in un momento in cui ogni dettaglio correva il rischio di essere determinante per la vittoria finale.
A far da contraltare a tanto ottimismo, però, c'era che il prossimo avversario degli azzurri, il tanto bistrattato Milan, aveva vinto col Como e già, per bocca di qualche suo giocatore, annunciava feroce battaglia al Maradona e ferma volontà di lottare fino in fondo per la tanto agognata Champions League, in cui intanto l'Italia (per suoi demeriti) aveva perso un posto. Dal canto suo Antonio Conte aveva provato a mantenere tutti sul pezzo, elogiando lo spirito di gruppo dei suoi ragazzi e la loro versatilità tattica, non facendosi distrarre dalle sirene juventine e mettendo in guardia dalle insidie che una partita apparentemente facile portava con sé.
La tavola - vista anche l'ora del fischio d'inizio - era pertanto imbandita, restava solo da stabilire chi avrebbe banchettato e chi invece, visto anche il periodo di Quaresima, sarebbe andato di magro. Era evidente che a contravvenire alle disposizioni liturgiche si sperava fosse il Napoli, con una prova perentoria e senza gli ormai consueti patemi dei minuti finali. Il Padreterno, vista l'intercessione di San Gennaro, e per salvaguardare le coronarie dei suoi fedeli, di certo avrebbe chiuso un occhio.