Pestaggi in cella, il tribunale del Riesame di Napoli rigetta la richiesta di misure cautelari avanzata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per 28 poliziotti penitenziari (15 in servizio a Secondigliano, 12 al carcere di Santa Maria Capua Vetere e uno ad Avellino) ritenuti coinvolti nella vicenda delle violenze commesse dagli agenti ai danni dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, in pieno lockdown per il Covid.

Si tratta della seconda tranche dell’inchiesta sui pestaggi - la prima ha dato luogo a un maxi-processo attualmente in corso con 105 imputati, soprattutto agenti - dove figurano soprattutto poliziotti che durante la “perquisizione straordinaria”, poi degenerata, indossavano caschi e manganelli, e che dunque non sono stati identificati nel corso della prima fase dell’indagine, nonostante fossero stati ripresi dalle telecamere interne al carcere.

In totale sono 41 gli agenti indagati in questo ulteriore filone investigativo; per 28 di loro i pm Alessandro Milita, Daniela Pannone e Alessandra Pinto avevano chiesto nel marzo 2023, a quasi tre anni dai fatti, misure cautelari, tra arresti domiciliari e divieti di dimora. Tuttavia, il Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Alessia Stadio aveva in prima battuta, nel maggio 2024, rigettato le richieste ritenendo ormai insussistenti le esigenze cautelari, essendo trascorsi nel frattempo oltre 4 anni dai fatti.

La Procura ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame di Napoli, che lo ha rigettato confermando la decisione del gip e negando quindi le misure cautelari. «Non si tratta di delinquenti - aveva scritto il gip nell’ordinanza di rigetto del maggio scorso - ma di appartenenti alle forze dell'ordine che in un’evenienza tanto brutale quanto eccezionale hanno commesso e concorso a commettere i drammatici fatti per cui si procede. Si tratta di soggetti - aveva sottolineato il magistrato - che hanno agito sotto comando, e i cui comandanti sono già stati attinti da presidio cautelare per cui si ritiene improbabile che in assenza di disposizioni sul punto, volte cioè nuovamente a commettere fatti analoghi ai danni di detenuti, possano reiterare le medesime o analoghe condotte. Tra l’altro, a conferma di ciò, negli ultimi quattro anni non sono state mai denunciate condotte analoghe».

Nessuna misura cautelare dunque per gli agenti indagati nella seconda tranche dell’indagine, che dovranno ora aspettare le determinazioni della Procura di Santa Maria Capua Vetere in ordine a un’eventuale chiusura indagini con richiesta di rinvio a giudizio. Alla perquisizione nel reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, il 6 aprile 2020, parteciparono quasi 300 poliziotti penitenziari, circa metà dei quali coinvolti nel procedimento penale che ne è scaturito; quasi trenta agenti furono anche arrestati nel giugno 2021, quando scattò la retata dei carabinieri.

Trecento erano anche i detenuti del Nilo, un terzo dei quali si è costituito parte civile nel maxi-processo in corso all’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere.