Mercogliano

di Paola Iandolo 

E' stato rigettato dai giudici dellla Decima Sezione del Tribunale di Napoli il ricorso della Procura di Avellino contro l’ordinanza della Corte di Assise di Avellino che aveva accolto l’attenuazione della misura per i due imputati dell’omicidio di Roberto Bembo, avvenuto all'alba di Capodanno 2023 a  Mercogliano. I due condannati Nico Iannuzzi e Luca Maria Sciarrillo resteranno agli arresti domicilari.

La decisione dei giudici del Riesame di Napoli 

I giudici del Riesame hanno condiviso il provvedimento adottato dell’istruttoria, dai magistrati della Corte di Assise di Avellino. Il pm Vincenzo Toscano aveva impugnato il provvedimento dei giudici avellinesi. L’udienza, davanti alla Decima Sezione del Tribunale del Riesame si era svolta ad ottobre. Incensuratezza, estemporaneità della vicenda omicidiaria, colluttazione violenta e contegno nei sei mesi precedenti di sottoposizione agli stessi arresti domiciliari. Su questi elementi alla base dell’ordinanza con cui i magistrati della Corte di Assise di Avellino prima della pausa feriale avevano accolto la richiesta di attenuazione presentata dai penalisti Gaetano Aufiero e Stefano Vozzella nell’interesse di Niko Iannuzzi e Lucamaria Sciarrillo.

Le motivazioni dei giudici della Corte di Assise di Avellino

Nell’ordinanza dei magistrati della Corte di Assise era stato scritto in primis che “ferma la gravità degli indizi di colpevolezza già a suo tempo rinvenuti a carico degli imputati nell’interesse dei quali è stata avanzata la richiesta di sostituzione, nei contenuti restituiti dall’istruttoria dibattimentale fin qui espletata; ritenuta altresì persistente il tipo di esigenza posta a base della cautela in vigore, quale desumibile dalla gravità stessa del perpetrato delitto, dal numero di colpi inferti alla vittima e dalla pronta disponibilità del coltello con cui esso è stato commesso” si ritiene che “per far fronte a detta esigenza – in considerazione non solo e non tanto del pur non trascurabile lasso di tempo trascorso in regime di detenzione carceraria ed all’effetto deterrente ad esso naturalmente connesso, quanto piuttosto, anche per via dell’assoluta incensuratezza dell’autore materiale del fatto, della apparente estemporaneità del gesto omicidiario, infatti rivelatosi compiuto in occasione della violenta colluttazione che, occorsa per futili motivi con un altro gruppo di giovani, è repentinamente degenerata, anche in conseguenza dell’attivo contegno tenuto dalla vittima – basti ormai effettivamente la sottoposizione dei giudicabili alla misura degli arresti domiciliari, tanto più se con l’accorgimento indicato dalla loro stessa difesa, oltre che con lo specifico divieto di comunicazione” aveva evidenziato d’altronde come entrambi gli imputati a cui la richiesta si riferisce, prima del ripristino della cautela oggi in vigore, siano rimasti già sottoposti alla misura degli arresti domiciliari per un periodo di oltre sei mesi, senza affatto incorrere in alcuna violazione delle relative prescrizioni”.