Napoli

Una sentenza storica è stata emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, che ha condannato la Libra Editrice, editrice dei quotidiani Cronache di Caserta e Cronache di Napoli, per diffamazione nei confronti di don Peppe Diana, il prete anticamorra assassinato nel 1994. La sentenza, a distanza di ben 21 anni dall’accaduto, impone un risarcimento di 100.000 euro alla famiglia del sacerdote per un articolo pubblicato il 28 marzo 2003, in cui don Diana veniva accusato di essere un camorrista e custode delle armi del clan casalese.

La vicenda risale al 2003

L'articolo in questione, pubblicato dal Corriere di Caserta, ha suscitato una reazione immediata da parte della famiglia di don Diana, che denunciò il contenuto diffamatorio del pezzo. Nonostante la denuncia, la giustizia è arrivata solo dopo la morte dei genitori del sacerdote, Iolanda Di Tella e Gennaro Diana. La corte ha stabilito che l'articolo, che riportava presunte dichiarazioni di avvocati degli imputati nel processo per l’omicidio di don Peppe, fosse un "maldestrato tentativo" di nascondere l’intento diffamatorio. Anche la giornalista che scrisse il pezzo è stata condannata.

Una lunga battaglia legale

La famiglia Diana ha dovuto attendere oltre due decenni per vedere riconosciuta la verità, ma il lungo cammino giuridico rappresenta, come sottolineato da Roberto Saviano, un passo importante nella riabilitazione della memoria di don Peppe Diana. Nel suo articolo sul Corriere della Sera, Saviano ricorda come, oltre a questo articolo del 2003, don Peppe fu oggetto di una campagna diffamatoria che lo dipingeva come colluso con la camorra, come accaduto con un altro articolo pubblicato nel 1999, che lo accusava ingiustamente di una relazione con due donne. Queste notizie infondate erano parte di una strategia più ampia per danneggiare l’immagine del sacerdote, noto per la sua lotta contro i clan mafiosi.

Il ricordo di don Peppe Diana

Don Peppe Diana, ucciso il 19 marzo 1994 nella sua chiesa di Casal di Principe, è ricordato per la sua coraggiosa opposizione alla camorra. La sua frase più celebre, "A voi le pistole, a noi la parola", incarnava la sua missione di educare le nuove generazioni a combattere la criminalità attraverso la cultura e la testimonianza di vita. La condanna a 100.000 euro di risarcimento rappresenta una parziale, ma significativa, rivalsa per la famiglia Diana, che ha sempre lottato per difendere la memoria di don Peppe. Come afferma Saviano, la giustizia per don Diana arriva con un ritardo doloroso, ma non meno importante: un altro "tassello di giustizia" è stato aggiunto al lungo processo di restaurazione della sua figura, una battaglia che i suoi cari e amici non hanno mai smesso di portare avanti.