Ho considerato sempre una fortuna, aver conosciuto e frequentato Camillo Marino. Ringrazio ancora Andrea Preziosi e Tommaso Aulisa, che mi coinvolsero nel Circolo Laceno d’oro. Trovai in Camillo intelligenza, ideali,disponibilità, creatività, umanità e onestà. Quando Camillo aderì al PSI, i rapporti diventarono più stretti ed ebbi modo di constatare la sua coerenza tra il parlare e l’ agire. Incominciai a seguire le affascinanti iniziative del Laceno d’oro.

Da meridionale e irpino, gioivo quando notavo la presenza in Irpinia di personalità e artisti di tutto il mondo, attratti dall’importanza del Laceno d’oro, un festival internazionale cinematografico. Incontri, dibattiti, premiazioni e cene mi videro come tifoso e come osservatore. In ogni occasione, oltre a scoprire le qualità di Camillo, assorbivo concetti e visioni nuove. Al di là dei suoi indiscussi meriti artistici, con il tempo incominciavo a vederlo come uomo politico, che significa persona, che punta allo sviluppo del suo territorio, partendo dalla valorizzazione delle sue risorse, come affermava Manlio Rossi-Doria. Negli ultimi anni, economisti e sociologi vanno sostenendo che, per provocare lo sviluppo di un territorio, occorre far crescere i suoi valori attrattivi, sia come paesaggio che come produttore di beni. Gandhi, infatti, sosteneva che la politica inizia dal locale.

Dare a una manifestazione artistica, che coinvolgeva Paesi di tutto il mondo, il nome di un luogo, è un investimento per il suo sviluppo. Grazie al Laceno d’oro, in quella parte dell’Irpinia, nacquero iniziative imprenditoriali, tra cui l’ Albergo “4 Camini” e le strutture sportive. Molte persone acquistarono e lottizzarono terreni per costruire villette, si riprese a sciare e fu avvertita l’esigenza di collegarsi, per ragioni turistiche, tramite la provincia di Salerno, con la costa tirrenica. A dimostrazione dell’effetto sullo sviluppo del territorio, ci sono tutte le iniziative economiche, nate grazie alla manifestazione e che andarono in crisi dopo la fine del Laceno d’oro.

A dimostrazione della cecità della classe dirigente irpina e del servilismo dell’informazione, non è stato mai affrontato il capitolo dei responsabili della “chiusura “ del Circolo Laceno d’oro. La mia responsabilità politica mi fece interessare del problema. In quel periodo, la democrazia cristiana non sopportava un personaggio dalla forte e libera personalità, che aveva fatto conoscere la Provincia di Avellino in tutto il mondo, senza mettere sul palcoscenico delle manifestazioni esponenti della DC, che si riteneva padrona dell’Irpinia. Purtroppo, il Pci, che non aveva digerito il fatto che Camillo Marino si fosse avvicinato al Psi, restò muto, condividendo il comportamento della DC. Il mio sostegno a Camillo non fu efficace contro un primo segno del compromesso storico. Il comportamento della Dc e del PCI dimostra la miopia dei due partiti e la loro ignoranza in economia, tanto da limitarsi ad invocare soldi dello Stato, senza avere nemmeno progetti, da concretizzare: tipica mentalità borbonica.

La tendenza positiva verso lo sviluppo, grazie al Lacero d’oro, si invertì e riprese il processo, che ha portato l’Irpinia sempre più giù economicamente e politicamente. Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio venivano anche ridicolizzati per il loro comportamento semplice e popolare, anche perché in Irpinia trionfava la mentalità dorsiana, che partoriva invocazioni (cento uomini d’acciaio) senza progettare la valorizzazione delle risorse. Per quanto innanzi, ritengo giuste le iniziative tendenti a far rinascere il Laceno d’oro, ricordando l’opera e i meriti di Camillo Marino.