Avellino

di Paola Iandolo 

Il  25 maggio prossimo inizierà il processo davanti al Collegio presieduto dal giudice Gian Piero Scarlato per presunti componenti della cosiddetta “catena di San Antonio” dell’usura scoperta grazie alle dichiarazioni e alla denuncia della vittima, commerciante finito nella rete di due gruppi usurari. Il Gup del Tribunale di Avellino Elena Di Bartolomeo ha accolto la richiesta della Procura di Avellino e rinviato a giudizio tutti gli indagati. Le indagini sono state condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino sotto il coordimento dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, anche attraverso intercettazioni, appostamenti e due registrazioni con un microfono che era stato piazzato sulla “vittima” nel corso di altrettanti colloqui con i suoi presunti aguzzini. La Procura di Avellino, a cui la Dda aveva trasmesso gli atti in quanto non era stata evidentemente dimostrata l’aggravante del 416 bis aveva chiesto l’archiviazione per i nove indagati nel procedimento. Il Gip del Tribunale di Avellino Giulio Argenio aveva fissato un’udienza camerale, confermando la richiesta di archiviazione solo per due dei nove indagati e disponendo l’imputazione per gli altri. 

La ricostruzione

Il primo prestito a tasso usurario nell’indagine dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino fa riferimento ad una somma di 5000 euro che un sessantanovenne, N.G, già noto nel panorama dell’usura nel 2019 aveva versato a D.V.C e a L.G, con la promessa di un interesse mensile, fino alla consegna del capitale, del 10 per cento. Cinquecento euro al mese per un prestito di cinquemila. L’uomo allora decide di girare la somma a quella che diventerà la vittima, che intanto però era già sotto usura da parte di un altro gruppo, quello di cui facevano parte altre due donne. Una in particolare F.P. legata ad esponenti della criminalità locale. Nel maggio 2022 la vittima ottiene 5000, né dovrà consegnare entro un mese 7500, ma non ce la fa. Chiede ed ottiene una proroga, ovviamente dovrà aggiungere altri mille euro. Seguono mesi di chiamate e minacce. C D.V e L.G infatti pressano la donna e la avvertono che nel caso non avesse onorato il debito gli avrebbero portato via auto e casa. Infine c’è il terzo gruppo. La vittima nel 2019 contrae un debito di 5000 euro da V.R, con l’impegno di doverne restituire entro due mesi 9000. Quasi il cento per cento di interessi. Nel 2020 riceve un altro prestito di 2000 euro e deve restituire 4000. Infine nel dicembre del 2021 un nuovo prestito di mille euro, entro un mese ne avrebbe dovuto restituire 1500. Qui entra in scena F.P, che a marzo 2022 presta 3000 euro alla vittima ed entro maggio ne dovrà versare insieme alla caparra altri 2000. Ma la vittima non ha i soldi, iniziano minacce. Alla fine la pretesa economica è di 23000 euro. La vittima avrebbe dovuto versarli entro il 15 giugno. Le difese sono rappresentate dagli avvocati Gaetano Aufiero, Marino Capone, Alfonso Laudonia, Nello Pizza, Gerardo Santamaria e Roberto Romano.