Lui 44enne, lei quasi coetanea. La conosce sul luogo di lavoro di lei. Diventa cliente fisso pur di vederla. Così per giorni e giorni, finché si dichiara: la vuole come compagna ma lei lo respinge.
Lui, da allora, diventato ossessivo e morboso mentre lei finisce nelle sabbie mobili di un rapporto insano. Non lo vuole come compagno ma per bontà e compassione ogni tanto accondiscende alle sue richieste.
Lo scorso inverno le chiede di salire in macchina per parlare: lei accetta, forse per calmarlo, ma lui le salta addosso e le strappa i vestiti tentando di avere un rapporto. Lei riesce ad opporsi. Lui desiste ma le frantuma lo schermo del cellulare.
La donna scende dall’auto e si allontana, terrorizzata. Il violento realizza che l’ha fatta grossa e così rischia di perderla. Allora le chiede scusa in ginocchio pronunciando la classica frase “Non succede più”.
Lei lo perdona, gli crede: forse ha bisogno di crederci. Per qualche mese la lascia tranquilla. Poi arriva l’estate e la invita al mare. Lei accetta.
Lui arriva più tardi, appena stacca da lavoro, ma appena giunge in spiaggia e la vede svagarsi un po’ sullo smartphone, cala sui suoi occhi il manto nero della gelosia e le distrugge ancora il telefono; poi la colpisce con schiaffi violentissimi che lei non dimenticherà mai. Inoltre la costringe a lasciare il lido e la accompagna a casa per punirla e isolarla dal mondo.
La donna è costretta ad assecondarlo perché è terrorizzata, continua a tenersi tutto dentro, non si fa mai visitare in Ospedale, tace per paura di turbare la famiglia, di perdere il lavoro, di rischiare la vita davvero.
Dall’altro canto l’uomo non molla. La segue anche sui social. Un pomeriggio legge un suo commento sotto il video di una bellissima bambola dei cartoni animati. La “sua” donna la desidera tanto e lui, in meno di un minuto, gliela ordina on-line.
Dopo qualche ora la donna sente suonare al citofono: apre, è il corriere, con un regalo per lei, ma lei non aspetta nulla. Scarta il pacco e, dopo qualche secondo di silenzio, alza gli occhi al corriere dicendogli che non può accettarlo: deve rispedirlo al mittente.
Il tempo per lo stalker di vedersi arrivare il pacco a casa e la chiama. Non riesce a capire che deve lasciarla in pace, anzi: le dice che il regalo lo vuole indietro dalle sue mani.
Purtroppo lei accetta di incontrarlo -questa volta, però, accompagnata dal suo amico- ma in quel centro commerciale lui dà di matto. Minaccia di morte l’amico di lei, rompe la bambola con le proprie mani e poi afferra la donna per i capelli. È l’amico a salvarla. Corrono via e si mettono al sicuro. Ma nemmeno questo basta a farle capire che deve denunciare.
Per altri lunghi mesi sopporta pedinamenti e messaggi, finché si verifica l’evento spartiacque. Lui sa dove abita. Entra ne palazzo e raggiunge la porta di casa. L’allarme segnala l’intrusione. Sì, totale. Suona il campanello, lei apre, vede chi è e le sale il cuore in gola. Chiude la porta. Lui chiede di parlare e lei accetta, ma propone di farlo in strada.
Dopo poco scende, parlottano, poi lui va al sodo: deve essere la sua donna, altrimenti l’ammazza. Ma lei non accetta, non vuole. Ed in quel momento la rabbia: la strattona e la minaccia di morte, poi salta in auto e prova a schiacciarla contro il muro. O sua, o non deve vivere.
Fortunatamente la vittima riesce a liberarsi, fugge ed incrocia il suo angelo: una conoscente che immediatamente intuisce, la fa salire in macchina nascondendola sui sedili posteriori e guida fino alla Tenenza di Melito.
Protetta da quell’ufficio, la sventurata riversa un fiume di eventi. Finalmente si libera. Racconta tutto ciò che non ha mai raccontato ed aggiunge anche una prova, una foto: un fotogramma, precisamente, estratto dal sistema di allarme scattato quella mattina dopo l’intrusione, che chiaramente immortala il suo persecutore. Quindi lui era andato lì già quella mattina. E non solo: nel pomeriggio si era fatto trovare fuori dal palazzo mentre lei usciva per andare a lavoro e l’aveva salutata, o avvertita, esclamando “ci vediamo stasera!”.
Mentre i carabinieri raccolgono quella mole di eventi, date, dolore e paura, la donna dice loro che sicuramente lui è ancora fuori casa. I militari del Nucleo Radiomobile di Marano così raggiungono l’indirizzo e trovano il denunciato a camminare avanti e indietro senza pace, perché “deve parlare con lei”.
Il quadro è chiaro, le accuse anche. Lo bloccano e lo arrestano. Dovrà rispondere di atti persecutori ed ora è in carcere