Tra il 20 e il 27 novembre, la Fiera di Roma si è trasformata in un grande centro di selezione per migliaia di aspiranti funzionari ministeriali. Il maxi-concorso, promosso dal Ministero dell'Agricoltura e della Sovranità Alimentare (Masaf), era stato fortemente voluto dal ministro Francesco Lollobrigida per colmare 374 posti vacanti, con un focus particolare sugli ispettorati antifrode e sulla tutela del Made in Italy.
L’organizzazione, imponente e costosa, sembrava procedere senza intoppi. Ma mentre i candidati affrontavano le prove scritte, il Consiglio di Stato, il 26 novembre, ha messo fine all’intera selezione, annullando il bando insieme a un altro simile del Ministero della Difesa. Una decisione che ha trasformato un’occasione di lavoro per molti in una gigantesca delusione.
Le motivazioni dei giudici
Alla base della sentenza c’è una questione tecnica, ma cruciale: i bandi dei due ministeri, emanati a fine dicembre 2023, sono stati giudicati irregolari perché pubblicati quando erano ancora valide le graduatorie di un precedente concorso del 2020 per funzionari amministrativi. Queste graduatorie, valide fino a metà gennaio 2024, avrebbero dovuto essere utilizzate per coprire i posti vacanti, come stabilito dalla normativa vigente.
Secondo i giudici amministrativi, i ministeri avrebbero potuto derogare al principio dello scorrimento delle graduatorie solo con una “precisa e dettagliata motivazione”, che però è mancata. Il risultato è stato un annullamento che colpisce non solo il Masaf, ma anche il Ministero della Difesa, già coinvolto in una selezione analoga per 267 posti lo scorso luglio.
Un pasticcio costoso
Il blocco del concorso getta un’ombra sulle scelte amministrative dei ministri Lollobrigida e Crosetto, responsabili dei dicasteri coinvolti. Il Masaf, in particolare, ha continuato con l’organizzazione delle prove scritte nonostante fosse già in corso il giudizio davanti al Consiglio di Stato, alimentando speranze tra i candidati e spendendo risorse pubbliche che ora rischiano di essere state inutili.
Per molti partecipanti, il danno non è solo economico, ma anche morale. Centinaia di persone hanno investito tempo, denaro e fatica nella preparazione e nel viaggio a Roma, solo per vedere il loro impegno reso vano da una decisione che, con una maggiore prudenza, si sarebbe potuta evitare.
Un rebus da risolvere
Ora, i due ministeri si trovano a fronteggiare una situazione complessa. Ripartire da capo con un nuovo bando significherebbe esporsi a ulteriori ricorsi, mentre tentare di salvare l’attuale selezione appare improbabile, vista la sentenza già emessa. La vicenda mette in luce problemi di comunicazione e coordinamento tra le amministrazioni e l’Avvocatura dello Stato, che ha difeso i dicasteri nel procedimento giudiziario.
Per Lollobrigida e Crosetto, il pasticcio è un duro colpo, non solo dal punto di vista gestionale, ma anche politico. In un momento in cui la pubblica amministrazione italiana fatica a coprire i posti vacanti e a garantire efficienza, questa vicenda rappresenta un caso emblematico di come una cattiva gestione possa trasformare una soluzione in un problema.
Un amaro epilogo
Migliaia di aspiranti funzionari restano con un pugno di mosche in mano, mentre le amministrazioni coinvolte devono ora decidere come rimediare al caos generato. In un contesto simile, il pasticcio del maxi-concorso rappresenta non solo uno spreco di risorse, ma anche una lezione su come la burocrazia e la superficialità possano minare la fiducia nelle istituzioni.