Per il secondo anno consecutivo il Sud cresce più del Nord, ma ci sono segnali di frenata. E senza adeguate politiche di sostegno e incentivi, si rischia di dilapidare il percorso intrapreso. E' uno dei messaggi arrivati nella presentazione del rapporto Svimez.
Luci ed ombre per il Mezzogiorno, dove sempre più lavoratori sono a rischio povertà tra salari bassi e scarso potere d'acquisito.
"Le retribuzioni sono spesso basse, tra part time involontari, contratti precari e lavoro nero, e i salari reali si sono ridotti del 5,7% al Sud, tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024, più che nel resto del Paese", l'analisi degli esperti.
Ed infatti continua la fuga dei giovani, in particolare i laureati: negli ultimi dieci anni in 200mila si sono trasferiti al Nord.
Dal presidente Giannola il nuovo appello a fermare l'Autonomia differenziata, che sarebbe un colpo mortale per il Mezzogiorno. Restano le criticità legate al gap infrastrutturale, ma ci sono elementi che fanno ben sperare, come l'industria.
Al Sud, è stato ricordato, viene prodotto il 90% delle automobili italiane, ma la crisi del comparto automotive è un fattore di alto rischio.
"Il Mezzogiorno è al centro dell'azione di Governo", ha detto il ministro Nello Musumeci, che non ha risparmiato a qualche amara riflessione: "Troppo spesso il territorio non sempre vuole cambiare tra fatalismo, rassegnazione, riluttanza verso la formazione e familismo esasperato".
Ma il sindaco di Napoli e presidente di Anci ha ribadito come la situazione sia cambiata: "Oggi abbiamo un nuovo Mezzogiorno tanto impegnato, con tanti giovani di qualità e tanti bravi amministratori". Il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, ha sottolineato l'importanza dell'uguaglianza dei diritti e della difesa del sistema sanitario: "Al Centro Nord la speranza di vita è maggiore che al Sud e non va bene", ha detto.